lunedì 21 settembre 2015

Cosa ci insegna la terza vittoria (in nove mesi) della Sinistra in Grecia

Elections 2012, SYRIZA Rally, Tsipras, flickr: photos/asterios/7000627690


Nessuna intenzione di bypassare analisi articolate e valutazioni rigorose, quanto mai opportune e necessarie con i tempi che corrono, all’insegna della ricomposizione della sinistra, almeno in Italia, della rigenerazione di una cultura politica all’altezza della sfida e della fase, per una sinistra, al contempo, non riformista e non socialdemocratica, ma solida e di governo, e della elaborazione di un pensiero e di una pratica innovativi, radicati nella storia ma lanciati verso il futuro. Affrontata su questo terreno, la (terza in nove mesi) vittoria di Syriza, ci parla di molte questioni, del nostro presente e del nostro futuro, molto più che del nostro passato, e, al tempo stesso, della nostra capacità ri-costruttiva e ri-generativa, per almeno dieci questioni:

1. la sinistra radicale greca è la forza maggioritaria: se la vittoria del 25 gennaio aveva consegnato a Syriza oltre il 36% dei voti, la vittoria del 20 settembre conferma a Syriza il voto di circa il 35% degli elettori; la proposta politica di Syriza rimane, dunque, la più credibile e la più efficace;

2. così come non c’era la maggioranza assoluta il 25 gennaio, così non c’è una maggioranza assoluta nel nuovo parlamento eletto il 20 settembre: il compito di fase di Syriza, al di là della formazione di una nuova maggioranza parlamentare, è quello di potenziare ed estendere la rete del suo insediamento civico e sociale, fatto di una diffusa rete di presidi sociali, di solidarismo e di mutualismo;

3. la maturità delle masse popolari greche, come di tutti i soggetti collettivi alle prese con lotte di progresso e giustizia, delle quali sono artefici e protagonisti, ha offerto una significativa prova di sé, premiando il partito che più coerentemente ha lottato contro l’austerità ed il neo-liberismo e più efficacemente ha indicato le tappe delle nuove battaglie contro le degenerazioni del memorandum, per attutirne l’impatto sociale, per tutelare le misure sociali intraprese dal governo, per rinegoziare il debito;

4. più precisamente, non c’è dubbio che la firma del nuovo memorandum abbia generato disillusione e frustrazione (l’affluenza alle urne è intorno al 55%), ugualmente non c’è dubbio che avere perso una battaglia, combattuta soli contro tutti in Europa, e avere dovuto fronteggiare un tentativo di golpe, ordito dalla oligo-finanza internazionale, non significa essere dei “venduti” o dei “traditori”;

5. diffidare quindi, a proposito dei giudizi contro il presunto “venduto” e “traditore”, di chi fa del massimalismo la propria bandiera (tutta ideologica), al punto di rompere il fronte della comune battaglia di governo contro il neo-liberismo: la sinistra scissionista di Unità Popolare è ferma al 3%;

6. è proprio questa vittoria di Syriza, giunta dopo il memorandum e sette mesi di governo della Grecia, a sconfiggere il golpe prolungato tentato dalle oligo-finanze e da Shäuble, e a preparare il terreno per una nuova iniziativa, per rimettere in piedi la Grecia in una prospettiva di giustizia e di solidarietà;

7. ed è ancora questa vittoria di Syriza a segnare uno spartiacque e fare da apripista in Europa: la prima forza politica della sinistra di alternativa che vince, riesce anche a confermarsi al governo; da una parte, quella che Tsipras ha definito la “sinistra che scappa”, una ridotta testimoniale; dall’altra, la “sinistra di governo”, non riformista né socialdemocratica, che si assume le proprie responsabilità e la sfida del governo;

8. occorre quindi rompere il silenzio: quanti, tra i sostenitori più accesi dell’OXI, assistono oggi da spettatori silenti al nuovo successo di Syriza? Non si vince sempre come vorremmo noi, e non sempre le scelte sono fatte a nostra immagine e somiglianza. Individuare il prevalente. Esplorare e fare esplodere le contraddizioni. Non abbandonarsi ai facili entusiasmi ed ai ripiegamenti deprimenti. Forse questa nuova vittoria di Syriza è anche un esame di maturità (per loro, forse; per noi, sicuramente);

9. “preso il governo, non ancora il potere”, ripetevano i compagni greci prima, durante, e, soprattutto, subito dopo, la vittoria referendaria dell’OXI; sappiamo bene che non basta entrare nella stanza dei bottoni, anche perché oggi, soprattutto nel contesto dell’Unione Europea, alcuni di quei bottoni non sono neanche ad Atene (o a Roma, e così via); semmai, occorre continuare a lottare contro “questa” Unione Europea;

10. infine, Alba Dorata è il terzo partito e consolida le sue posizioni presso disoccupati e sotto-proletariato; tocca ancora una volta alla sinistra ed ai comunisti la ricostruzione, al fondo di una egemonia reale, di un blocco storico e sociale, di una unità delle masse popolari, che sappia respingere ogni infiltrazione ed ogni provocazione della destra fascista e razzista, anche – e soprattutto – quando si presenta nella sua tenuta di “legge ed ordine”.

A queste latitudini, che pullulano di populisti e di demagoghi, di destre nazionalitarie e neo-fasciste, un “avviso ai naviganti” di grande attualità.

lunedì 7 settembre 2015

NO alla NATO

Foto di Twitter/ Robin Monotti ‏@robinmonotti da Pressenza Italia

Il movimento italiano per la pace e contro la guerra, tenendo insieme queste sue due connotazioni, nelle sue più ampie e diversificate articolazioni, si prepara a scendere in piazza e mobilitarsi contro “le più grandi esercitazioni militari della NATO dalla “caduta del muro di Berlino” in poi”. 

Una recente assemblea a Napoli, tenuta lo scorso 2 settembre (report), ha rappresentato il primo momento di elaborazione e di programmazione della mobilitazione nazionale “contro la guerra” e “contro la NATO” che si intende lanciare in contemporanea con lo svolgimento di questi minacciosi e spaventosi “giochi di guerra” dell'imperialismo euro-atlantico sotto le insegne della NATO. 

Si è trattato di un'occasione di incontro e di confronto assai promettente: convocata, congiuntamente, dalla Rete Napoli Nowar, la rete napoletana anti-militarista e anti-imperialista, e dal Comitato Pace Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio, il coordinamento cittadino delle organizzazioni pacifiste e nonviolente, la riunione ha registrato la presenza di una cinquantina di attivisti, provenienti sia dalla galassia associativa, che anima e ispira il tessuto sociale e civile partenopeo (dal MIR a Pax Christi, da ALBA Informazione ad Assadakah Napoli, sino a Un Ponte per …, solo per citare alcune tra le numerose presenti), sia dalle realtà di movimento e di conflitto più attive a Napoli (presenti Nowar napoletani e romani, Red Link e la Rete dei Comunisti, i Cobas e lo SKA-Officina 99, la Rete Antirazzista …). 

Per la prima volta da molto tempo, l'assemblea ha costituito un momento di convergenza e di confronto tra realtà distinte, ciascuna impegnata nel proprio percorso e nella propria mobilitazione, e che non sempre, nei tempi più recenti, avevano saputo trovare, pur nella mobilitazione contro le recenti guerre alle porte dell'Europa, occasioni analoghe di incontro; basti pensare, tanto per andare sul concreto, ai casi recenti della Libia e della Siria, a partire dal 2011, su cui si sono consumate e si registrano tuttora visioni distinte e interpretazioni differenti intorno alle cause, le motivazioni e gli attori di tali conflitti, fino ad arrivare al caso più recente, a partire dal 2014, dell'Ucraina, con l'aggressione contro l'autodeterminazione del Donbass e sul ruolo della Russia. 

Come è stato detto nel corso dell'assemblea, dunque, non sarà una mobilitazione, per quanto importante e di rilievo nazionale, a ricomporre l'unità del movimento italiano per la pace, attraversato da distinguo e divisioni ormai annosi, ma una tale mobilitazione può rappresentare, se ben impostata e partecipata, una occasione preziosa per riannodare le fila, ritessere un discorso, ridefinire un terreno, di riflessione e iniziativa, lungo il quale provare nuovamente ad incamminarsi insieme. 

L'assemblea napoletana è stata, sotto questo aspetto, per quanto preliminare, assai promettente: gli interventi e le riflessioni, che si sono succeduti, hanno infatti concordemente gravitato intorno a tre elementi salienti, quali 

     1) il carattere della Trident come strumento della riconfigurazione strategica della NATO su tre fronti (Russia e Oriente, Medio e Vicino Oriente, Africa Settentrionale e Centrale) con tre guerre già aperte su ciascuno di questi tre versanti del “tridente” (Donbass, Siria, Libia); 
   2) il Mediterraneo come vera e propria “trident juncture” di questo schieramento di forze, con Napoli al suo centro, operativo, strategico e logistico; 
     3) l'indissolubilità, per il momento storico e la collocazione geopolitica nella quale si situa, del nesso tra guerra e migrazioni e, insieme, tra anti-imperialismo ed anti-razzismo. 

L'operazione NATO “Trident Juncture 2015” sarà effettivamente qualcosa di inedito, un vero e proprio “salto di qualità” nella riconfigurazione strategica della proiezione offensiva della NATO, letteralmente, ai “quattro angoli” del pianeta: si svolgerà dal 28 settembre (in predicato la data del 4 ottobre) fino al 6 novembre, per oltre un mese, coinvolgendo direttamente Italia, Spagna e Portogallo ed estendendo il suo raggio di operazioni all'intero Mediterraneo, ed impegnerà 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 Paesi (28 NATO e 5 alleati), con l'obiettivo di testare la forza di intervento rapido - Nato Response Force (NRF) - (40mila effettivi) e il suo corpo d’élite (5mila effettivi), la “Very High Readiness Joint Task Force” (VJTF), in grado di essere schierata in 24-48 ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui fianchi meridionale e orientale”, cioè ad intervenire militarmente verso la Russia e l'Oriente, il Medio e il Vicino Oriente, l'Africa Settentrionale e Centrale, ovunque gli interessi dell'imperialismo siano minacciati, secondo la logica tradizionale della “guerra preventiva”. 

Napoli, capitale nel Mediterraneo, è il centro di questo inquietante schieramento di forze: il JFC Naples è al comando della “Trident Juncture 2015” e, insieme a Brunssum (Olanda), comanderà la forza di intervento rapido (Nato Response Force) della NATO. Un ennesimo motivo per rilanciare, proprio da Napoli, l'appello alla iniziativa ed alla mobilitazione.