domenica 16 febbraio 2014

Spazio e condizioni politiche: una sinistra unita e plurale

Una recente riflessione sulla sinistra in Europa e in Italia, e, al suo interno, sulle forze di ispirazione marxista, a firma di Jacopo Rosatelli, contribuisce a tener aperto un interrogativo importante: sul perché la sinistra in molti Paesi europei riesce a intercettare il bisogno sociale e la domanda di trasformazione che la crisi economica e finanziaria ha reso ancora più acuta e drammatica; e, allo stesso modo, sul perché, in alcuni Paesi dell'Europa orientale, ed in Italia, la sinistra fallisce invece, clamorosamente, questo obiettivo, ritirandosi in un minoritarismo ideologico, autoreferenziale ed escludente, e lasciando terreno alla esplosione di forze nazionalitarie, demagogiche o populistiche.

Le mille ragioni per le quali ci troviamo di fronte a questo scoraggiante stato di cose sono tutte innanzi a noi, e troppo spesso si cede alla tentazione di metterle in fila o enumerarle in ordine sparso, senza invece tirarle, quelle fila, delineare, cioè, un quadro meglio definito e più articolato della situazione reale: lo stato della sinistra italiana, il capolinea dei fallimenti organizzativi ed elettorali, le prospettive di una sua radicale ri-configurazione e di un suo possibile rilancio. Messa così la questione, la priorità non è più nemmeno quella dell'unificazione dei frammenti della sinistra diffusa, impreparata ed atomizzata, con cui abbiamo a che fare; la priorità diventa semmai quella di ridefinire il perimetro al cui interno la sinistra può spendere una sua proposta ed una sua iniziativa. Avendo smarrito persino le coordinate, il lavoro della ricostruzione è ancora, se possibile, più arduo.

L'impresa è scoraggiante? Certo, non è semplice, ma anche qui occorre forse rovesciare il piano di lavoro. Messa in altri termini, l'impresa rischia piuttosto di diventare “entusiasmante”. Ci si può limitare a tre punti di riflessione. Abituata a viversi come centro propulsore dell'elaborazione inter-nazionale dell'iniziativa politica “a sinistra”, la sinistra europea, in particolare la sinistra italiana, oggi difficilmente è in grado di rilanciarsi - e laddove è più forte e credibile ha già saputo far propri questi orientamenti - senza l'ancoraggio alle esperienze rivoluzionarie più avanzate oltre-oceano, a partire dall'elaborazione plurale del socialismo del XXI secolo e dalle intriganti ri-letture marxiane e gramsciane che provengono dai contesti post-coloniali. Nel “bagno” dell'elaborazione, della ricerca politica e culturale, dell'iniziativa costante di mobilitazione e di conflitto, la sinistra italiana, come nei casi migliori delle esperienze europee a partire proprio da quella di Syriza in Grecia, potrebbe e dovrebbe “ri-generarsi”, prendendo, finalmente e sinceramente, atto della propria inconsistenza ed insufficienza, della debolezza della propria credibilità e dei limiti della propria autorevolezza. Mettere il meglio di ciò che residua a disposizione di un progetto di ri-generazione e di ri-nascita.

A proposito di Syriza. È un fatto che l'esperienza di “Rivoluzione Civile”, che oggi si nomina perfino con reticenza ed imbarazzo, abbia rappresentato, dopo le già numerose debacle precedenti, l'ultima spiaggia per le formazioni politiche che vi hanno partecipato. E' un fatto che l'iniziativa diretta, con l'appello per una “lista autonoma di società civile” a sostegno di Alexis Tsipras per le prossime elezioni europee, dei sei intellettuali più lo stesso Tsipras, rappresenti un commissariamento di fatto per quelle formazioni politiche che, altrimenti, ben difficilmente avrebbero potuto o saputo rendere comunicabile o condivisibile a livello di massa il profilo del candidato e l'impianto della sua proposta. E' ancora un fatto, poi, che nessuno, a parte quello di SEL, tra i congressi recenti delle formazioni politiche a sinistra del PD, sia stato, al tempo stesso, un congresso vero, democratico ed innovativo, e basta rivederne, di volta in volta, lo svolgimento, i contenuti o gli esiti, per rendersene facilmente conto. Tutto ciò consegna il pallino dell'iniziativa ben più saldamente nelle mani dei comitati promotori della lista Tsipras, radunati intorno al testo dell'appello, che in quelle dei partiti.

Resta dunque l'annoso “che fare”. Forse una sola cosa: non mandare distorta o dispersa la grande opportunità. Per le elezioni europee e, soprattutto, per quello che verrà dopo, con la definizione, in questo perimetro, di uno spazio politico della sinistra di progresso, finalmente in sintonia con la domanda reale di trasformazione. Lavorando di rete e di convergenza. Ridefinendo le coordinate dell'agire politico e sociale. Abbandonando presunzioni inconsistenti e ragionando di sinistra e di unità. Per una Sinistra Unita e Plurale.

mercoledì 5 febbraio 2014

Lettera Aperta per una lista unitaria per Alexis Tsipras alle Elezioni Europee 2014

Tsipras
Il testo che segue è il frutto di un'iniziativa maturata tra compagni/e del centro storico di Napoli, nella forma di una lettera aperta per un'unica lista della sinistra a sostegno dell'importante candidatura di Alexis Tsipras a presidente della Commissione Europea alle prossime elezioni europee del 25 maggio. L'iniziativa intende rilanciare la mobilitazione per scongiurare il rischio di un'ulteriore frammentazione a sinistra, con la presentazione di più liste a sostegno di Tsipras, e per traguardare percorsi possibili di ricomposizione a sinistra, nel senso della massima apertura, convergenza ed unità.


L'appello per una lista politica di società civile a sostegno della candidatura di Alexis Tsipras, leader della sinistra greca di Syriza, alla carica di presidente della Commissione Europea, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, a firma, tra gli altri, di Andrea Camilleri, Paolo Flores, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale, è un contributo utile nella direzione giusta.

Si tratta di una piattaforma impegnativa, sia sotto il profilo analitico, sia sul versante della proposta. L'appello ha il merito di segnalare i guasti dell'attuale profilo neo-monetarista dell'Unione Europea, di cui le politiche del rigore costituiscono la prosecuzione naturale e lo slogan dell'Europa “delle banche” rappresenta la manifestazione plastica; e di indicare le linee di tendenza per un'inversione strategica, fondata sul primato dei beni comuni, la centralità del modello di welfare, le ragioni della solidarietà sociale, la politica della programmazione democratica e della partecipazione pubblica, il valore dell'apertura anziché della chiusura, sia in relazione alle politiche di accoglienza dei migranti, sia in funzione del carattere multilaterale della sua proiezione internazionale ed euro-mediterranea.

La sintesi offre anche un'indicazione di massima per un programma: per passare dall'Europa “delle banche”, che troppo spesso finisce per proiettarsi nello spettro della “Europa fortezza”, alla Europa “dei popoli”, per la messa a valore dell'idea e della pratica di una Europa meno atlantica e più mediterranea, consapevole del ruolo progressivo che può svolgere nel suo più complesso scenario di prossimità, il Mediterraneo, mare di popoli e di culture, ricco del suo patrimonio umano e culturale e delle mille controversie e conflitti che agitano le sue sponde, dai fermenti delle “primavere arabe” con le trasformazioni che attraversano, in particolare, Tunisia ed Egitto, a guerre recenti ed antiche, da quella in Siria, col suo corollario di distruzione ed ingerenze, alla Palestina e la sua autodeterminazione.

Infine l'appello ha il merito di affrontare il problema delle modalità con cui costruire questa opzione politica, del tutto nuova e radicalmente innovativa, carica di senso, nella misura in cui non si riduca ad un'operazione di ceti politici o di élite intellettuali, ma si configuri come espressione naturale di lotte e conflitti, di saperi e territori. Non è all'ordine del giorno alcuna illusione di “depotenziare” la carica della proposta di Tsipras, di Syriza, della Sinistra Europea e delle forze della sinistra e del lavoro. Se infatti vi fosse uno spazio politico collaterale o mediabile con le proposte dei liberali o dei socialdemocratici, non si sarebbe posta l'urgenza di una prospettiva di alternativa radicale, di trasformazione creativa e, insieme con queste, di radicale messa in discussione dei trattati europei e dei vincoli monetari che sanciscono le politiche di austerità, a partire da Fiscal Compact e Six Pack.

Il centro della questione è il bisogno di rendere la proposta di alternativa, al tempo stesso, una proposta di egemonia: un programma che sia radicalmente innovativo e potenzialmente rivoluzionario, in grado di guadagnare all'Europa una prospettiva stabile di pace, democrazia e giustizia, e capace di coinvolgere tutti e tutte, sia nelle modalità di articolazione, che auspichiamo possano vedere insieme, in maniera “unitaria e plurale”, soggetti politici e organizzazioni sociali, in primo luogo impegnate sui terreni del lavoro, della giustizia sociale, dei beni pubblici, della difesa dell'ambiente e della costruzione della pace, sia nelle forme della sua costituzione, in un cimento politico ed un cantiere aperto, che, in forma libera e partecipata, costruiscano, contro la logica dei veti incrociati e diffidenti, occasioni di incontro e cooperazione, fin dentro e ben oltre la scadenza elettorale stessa.