sabato 26 dicembre 2015

Nuova Sinistra 2016

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L’Europa del 2015 consegna alla scena del mondo un inedito scontro di tendenze, in cui all’egemonia delle forze dominanti del capitale finanziario e del comando neoliberista, che trova espressione nelle politiche della Troika, nel primato tedesco e nei programmi di austerity, si contrappone in maniera sempre più significativa la ribellione popolare, che non si esprime solo, per fortuna, nell’avanzata della “destra anti-sistema”, nelle sue declinazioni nazionalitarie e nelle sue pulsioni xenofobe, ma anche, coraggiosamente, nel consolidamento di una sinistra anti-austerity, espressione di inediti blocchi sociali e popolari, la stessa che ha confermato Syriza al governo della Grecia, che ha espresso una coalizione di sinistra al governo del Portogallo, e che oggi è in grado di raccogliere un consenso superiore al 20% in Spagna, quando Podemos si afferma come terza forza del Paese, rompendo il bipolarismo tra conservatori e socialdemocratici e affermando una terza opzione, al tempo stesso, innovativa e progressista. Sono qui alcune delle premesse fondamentali del manifesto politico per una “sinistra di tutte e di tutti” che, lanciando il suo appuntamento costituente nella assemblea popolare in programma il prossimo 19-21 Febbraio, a Roma, si innesta a crocevia di due istanze convergenti, la rottura della autoreferenzialità dei gruppi dirigenti della frastagliata e frammentata “sinistra a sinistra” del Partito Democratico, e la sintonia con quell’inedito fronte europeo e mediterraneo che, dopo le esperienze di Grecia, Portogallo e Spagna, attende ora l’Italia.
 
Significativamente questo passaggio matura, ben oltre la rottura del tavolo di confronto tra le forze della “sinistra a sinistra” dell’ 11 Dicembre, all’indomani dell’approvazione alla Camera della Legge di Stabilità per il 2016, la legge fondamentale di bilancio, che non solo ha visto una nuova messa in prova del Partito della Nazione, come dimostrano le misure fiscali in essa contenute (abolizione universale dell’IMU-TASI sulla prima casa, riduzione dell’IRAP a carico delle imprese e abolizione, perfino, della tassa sulle imbarcazioni di lusso) e la riduzione del welfare ulteriormente accentuata (tagli complessivi alla sanità per oltre sei miliardi, nuovo blocco del turn-over, stanziamento ridicolo, poco più di duecento milioni, per i contratti dei lavoratori pubblici), ma anche un ulteriore consolidamento a destra del Movimento Cinque Stelle, testimoniato dalle proposte da quest’ultimo sostenute (spesa di dieci milioni per giubbotti anti-proiettile alla polizia, appoggio all’emendamento, proposto dall’estrema destra di Fratelli d’Italia, per coprire assegni di accompagnamento e pensioni di invalidità con soldi sottratti alle politiche di accoglienza per i profughi in Sicilia, astensione sull’emendamento, proposto dalla Sinistra Italiana, per reintrodurre la tassa sulle barche di lusso). Tutto concorre a porre lo scenario politico italiano in sostanziale continuità con quello europeo, laddove le forze della sinistra sono impegnate non solo contro l’austerity variamente interpretata dalle formazioni conservatrici e dalle socialdemocrazie tradizionali, ma anche contro le nuove destre populiste, quando non neo-nazionaliste, come il Front National in Francia e lo UKIP in Gran Bretagna.
 
Sbaglieremmo, tuttavia, a collocare questo “bisogno di sinistra” su un terreno solo difensivo o, peggio ancora, politicistico. A ben vedere, non ha molto senso, se non la tutela di un esistente sempre più difficile e precario, la proposta di una sinistra utile solo a fare argine alla “marea a destra” ed a particolarismi e corporativismi vecchi e nuovi ovvero a riempire, esclusivamente, un “vuoto” nello spazio ampio che il Partito della Nazione lascia sgombro alla sua sinistra. Si tratta, in altri termini, non di definire una collocazione, bensì di ricostruire un immaginario, a sua volta basato non su formule e schemi precostituiti, ma sulle istanze e i bisogni, drammatici e mutevoli insieme, di quel nuovo blocco sociale costituito da produttori di senso e di valore alle prese con lavori instabili o indefinibili, prospettive incerte e chimeriche, tutele sempre più erose dal neoliberismo. Ecco perché appare, finalmente, convincente la proposta della piattaforma per una sinistra “di tutte e di tutti”: perché, appunto, assume in premessa «le condizioni di vita di milioni di persone, colpite dalla crisi e dalle politiche neoliberiste e di austerità», si pone «in sintonia con le sinistre europee che indicano un’alternativa di lotta e speranza», raccoglie, finalmente, la sfida del “cosa” e “come” produrre, del modello di sviluppo e dell’organizzazione della formazione economico-sociale, per «costruire un nuovo welfare ed eliminare la precarietà, restituendo dignità al mondo del lavoro, … e cambiare il modo in cui si produce e il modo in cui si consuma». Un orizzonte progressista per i tempi nuovi, non banalmente solidaristico o neo-socialdemocratico. È giunta ora, più che mai, di guardare avanti.

per la Sinistra di Tutte e di Tutti

www.sitocomunista.it/movimentooperaio/cgil_storia.html

Ci siamo!
Incontriamoci a Roma dal 19 al 21 febbraio.
E' il tempo di cambiare, di mettersi in gioco senza paura.
La convocazione non ha firme, né proprietari. E' di tutti quelli che vogliono cambiare tutto e che non si arrendono. Come la Sinistra che vogliamo.
Usiamolo liberamente, copiamolo, condividiamolo, diffondiamolo.
 
Incontriamoci
Incontriamoci il 19, 20 e 21 febbraio a Roma per ridare senso alla parola “politica” come strumento utile a cambiare concretamente le nostre vite. Incontriamoci per organizzarci e costruire un nuovo soggetto politico, uno spazio aperto, democratico, autonomo.
Non è un annuncio. È una proposta.
Non sarà un evento cui assistere da spettatori.
Non ti chiediamo di venire a riempire la sala, battere le mani e chiacchierare in un corridoio come accade di solito in queste assemblee.
Mettiamoci in cammino per condividere un processo e costruire insieme un nuovo progetto politico innovativo e all'altezza della sfida. Un progetto alternativo alla politica d’oggi, svuotata e auto-referenziale, che ritrovi tanto il legame con la propria storia, quanto la capacità di scrivere il futuro.
 
L’obiettivo
È ora di cambiare questo paese e le condizioni di vita di milioni di persone, colpite dalla crisi e dalle politiche neoliberiste e di austerità, svuotate della capacità di immaginare il proprio futuro. Vogliamo costruire un’alternativa di società, pensata da donne e uomini, fatta di pace e giustizia sociale e ambientale, unici veri antidoti per fermare le destre e l’antipolitica, il terrore di Daesh, i cambiamenti climatici. 
Serve una netta discontinuità con il recente passato di sconfitte e testimonianza, per metterci in sintonia con le sinistre europee che indicano un’alternativa di lotta e speranza. Dobbiamo metterci in connessione con il nostro popolo, con i suoi desideri e le sue paure, con le centinaia di esperienze territoriali e innovative che stanno già cambiando l’Italia, spesso lontani dalla politica.
Bisognerà cambiare molto: redistribuire le ricchezze e abbattere le diseguaglianze sociali e di genere, costruire un nuovo welfare e eliminare la precarietà, restituendo dignità al mondo del lavoro. È ora di cambiare il modo in cui si produce e quello in cui si consuma, il modo in cui si fa scuola e formazione, le politiche per accogliere. 
Intendiamo difendere la Costituzione e i suoi valori, per difendere la democrazia. Il governo Renzi e il PD vanno in una direzione diametralmente opposta e ci raccontano che non c’è un’alternativa. Per noi invece non solo un’alternativa è possibile ma è necessaria ed è basata sui diritti, sull’uguaglianza, sui beni comuni.
Dobbiamo organizzarci. Organizzare innanzitutto la parte che più ha subito gli effetti della crisi, chi ha voglia e bisogno di riscatto, di cambiamento, chi non crede più alla politica; lottando tanto nelle istituzioni quanto nella società. Una forza politica, non un cartello elettorale, che si candidi a governare il paese per cambiarlo e che lo faccia con un profilo credibile, in competizione con tutti gli altri poli esistenti.
 
Partecipa
Probabilmente ti starai facendo alcune domande: “come funzionerà il nuovo soggetto?”, “come si chiamerà?”, “quale sarà il suo programma?”, “è possibile innovare la forma partito?”, “chi sarà il suo o la sua leader?”, “c’è davvero bisogno di un leader? E, se sì, come verrà scelto?” A queste e tante altre domande la risposta è semplice e per questo rivoluzionaria: lo decideremo insieme.
Partecipiamo a questo percorso come persone, “una testa un voto”, riconoscendogli piena sovranità. Abbiamo bisogno di una sinistra di tutti e di tutte: non un percorso pattizio, ma una nuova forza politica che nasca dalla partecipazione diretta di migliaia di persone.
Cambiamo la politica, innoviamo le forme della democrazia, diamo la parola ai cittadini, attraverso una piattaforma digitale per il confronto, la codecisione, la cooperazione e l’azione. Ma non basta: serve restituire protagonismo alla vita dei territori attraverso una campagna di ascolto con assemblee per connettere percorsi e conflitti, scrivere collettivamente il nostro programma, la nostra idea di società, la strada per il cambiamento.
 
Invitiamo tutti e tutte a partecipare, a rimescolare ogni appartenenza, a mettersi a disposizione, fino allo scioglimento delle forze organizzate, sapendo che solo un cammino realmente inclusivo può essere la strada per coinvolgere i tanti che purtroppo sono scettici e disillusi. Sarà importante l’impegno dei rappresentanti istituzionali a tutti i livelli a mettersi al servizio del processo, agendo da terminale sociale.
 
Non vogliamo raccogliere solo le istanze dei singoli, ma anche quelle di tutte le esperienze collettive, le reti sociali, le forze sindacali, l’associazionismo diffuso, i movimenti, che in questi anni hanno elaborato e realizzato proposte concrete ed efficaci.
 
Per questo ci mettiamo in cammino. Non siamo i proprietari di questo percorso, e questo documento non ne vuole determinare gli esiti: proponiamo un obiettivo (costruire un nuovo soggetto di alternativa), un metodo (un cammino fatto di assemblee territoriali e di una piattaforma digitale, adesione individuale, piena sovranità), una data di partenza. Da quella data in poi, sarà chi deciderà di partecipare a indicare la rotta. 
Cominciamo un viaggio che sappia cambiare noi stessi e il mondo che ci circonda.
Mettiamoci in cammino.

La Piattaforma dal Sito di ACT

martedì 8 dicembre 2015

La Rivoluzione deve continuare

citystrike.org/2015/12/07/elezioni-venezuela-la-vostra-vittoria-avra-vita-breve

Avevamo seguito con trepidazione la battaglia elettorale in Argentina delle scorse settimane, e guardato con preoccupazione alla sconfitta del candidato presidente del peronismo di sinistra, che avrebbe dovuto rappresentare la continuità con l'esperienza di democrazia solidale incarnata da Christina Kirchner, e alla vittoria, invece, del candidato della destra, Mauricio Macri, tipico esponente della destra neo-liberale, che già promette il ritorno del tempo del neoliberismo, la riduzione dei programmi di investimento sociale e una nuova apertura al capitale finanziario, alle privatizzazioni e all'appeasement verso gli eredi della dittatura.
 
Le contemporanee traversie politiche e istituzionali in Brasile, con una situazione sociale sempre più tesa e la recente apertura della procedura di impeachment contro la presidente brasiliana, del Partito dei Lavoratori, Dilma Rousseff, che aveva raccolto l'eredità politica di Lula e della stagione notevole della trasformazione progressista del Brasile, stavano lì, infatti, ad indicare un deterioramento complessivo del quadro politico in America Latina: non tanto il timore di riuscire a portare drammaticamente indietro le “lancette della storia”, quanto, piuttosto, il segno del ritorno del neo-liberalismo e della destra politica ed economica al potere.
 
Alla vigilia delle elezioni parlamentari del Venezuela, che si sono tenute la scorsa domenica, 6 dicembre, sembrava piuttosto difficile prevedere l'esito: da una parte, i soliti sondaggi della stampa borghese e dei grandi potentati dell'informazione privata, che annunciavano una maggioranza sicura, sebbene non dilagante, alle opposizioni anti-chaviste e anti-bolivariane; dall'altra, i riscontri di amici e compagni, di osservatori e testimoni, “sul campo”, che non solo confermavano la tenuta del PSUV e del fronte bolivariano (il GPP, il Gran Polo Patriotico), ma annunciavano una mobilitazione ad ampi ranghi. Invece è andata peggio delle peggiori previsioni: con una partecipazione superiore al 74%, la MUD vince e con un margine molto ampio.
 
A differenza del Gran Polo Patriotico, che è imperniato intorno a una precisa leadership, quella chavista rappresentata dal PSUV (il Partito Socialista Unificato del Venezuela), e un chiaro programma, scolpito a chiare lettere nella realizzazione del “Socialismo del XXI secolo”, la MUD, la Mesa de Unidad Democratica, non è una formazione dal contorno ben distinto, non ha un suo centro politico né una leadership riconosciuta. È piuttosto un composito ed eterogeneo cartello elettorale, che comprende partiti che vanno dalla destra nazionalista alla socialdemocrazia tradizionale, formazioni della destra violenta e golpista e residuati della IV Repubblica, si coagula intorno a diverse personalità, alcune “istituzionali” come Henrique Capriles, altre “radicali” e già note per le proprie iniziative eversive (Leopoldo Lopez e le tristemente famose “guarimbas”) e un programma minimo: ostilità al socialismo e al chavismo e ritorno a neoliberismo e capitali privati.
 
La vittoria non di meno è netta, e, se si eccettua il referendum costituzionale del 2007, segna anche, dal 1998 ad oggi, la prima e unica sconfitta del movimento bolivariano e delle forze chaviste. La MUD sfiora il 60%, conquista 99 seggi su 167 del parlamento venezuelano; supera ampiamente la maggioranza semplice (84 seggi) e attende l'assegnazione dei restanti 22 seggi, ancora (7 dicembre) non ancora assegnati. Significa due cose: la prima, l'innegabile e inedita sconfitta del PSUV (46 seggi tra quelli già assegnati); la seconda, il pericoloso avvicinarsi della destra a quei due terzi dei seggi, che le assicurerebbero la possibilità, appunto con almeno 112 seggi, di superare il veto presidenziale alle proprie leggi (e quindi minacciare la stessa prosecuzione del socialismo bolivariano) e di convocare un referendum revocatorio, per la “salida” la cacciata dell'odiato Nicolas Maduro, il presidente venezuelano, non con la violenza, ma in forza di legge.
 
Dinanzi al socialismo venezuelano, si prospetta una sfida impegnativa: è vero, come ha ricordato Maduro, che questo passaggio rappresenta, in ogni caso, un successo della democrazia, peraltro la stessa democrazia, appunto, partecipativa, protagonistica e popolare che il socialismo bolivariano ha, per la prima volta, inaugurato nel Paese; è meno vero, come altri commentatori hanno azzardato, che è frutto esclusivamente della “guerra economica” delle oligarchie e dell'imperialismo e della “propaganda ostile” dei grandi media privati. Stiamo parlando, qui, di un significativo spostamento del consenso, non solo da parte delle oligarchie e delle burocrazie, più o meno corrotte e parassitarie, ma anche da parte di vasti segmenti popolari, proletari e, soprattutto, sottoproletari, che pagano il prezzo dell'accaparramento e del sabotaggio, della “scarsità provocata” di generi di prima necessità e di una forte tensione sociale, che aumenta precarietà e sfiducia.
 
In Venezuela, i grandi media sono ancora privati, la diversificazione produttiva è ancora debole (il Paese dipende fortemente dalle esportazioni petrolifere) e le principali catene della distribuzione sono in buona parte in mani private. La stessa destra, responsabile del sabotaggio e della guerra economica, è stata tuttavia premiata dal consenso elettorale, in una dimensione che non è interamente o esclusivamente ascrivibile ai sobillatori esterni e al controllo dell'informazione. Il fronte bolivariano non è riuscito nell'opera di convincimento e di mobilitazione. Ma è con il socialismo bolivariano che il Venezuela è tornato “patria” e i venezuelani hanno riguadagnato la propria “dignità”. Non si possono portare indietro le lancette della storia. Sono lo sviluppo e l'approfondimento del socialismo del XXI secolo la strada, oggi più che mai, da seguire.