venerdì 13 ottobre 2017

Appunti, in occasione del centenario, sull’attualità dell’Ottobre (1917-2017)

Ivan Vasilyevich Simakov (1877-1925), Wikimedia Commons

È sempre opportuno trarre dal passato indicazioni per il presente e orientamenti per l’avvenire, e ricavare, dai grandi momenti della storia dell’umanità, conoscenza e insegnamenti. L’insegnamento che deriva dai grandi processi storici e sociali, al tempo stesso, ne segnala il rilievo, la portata più che ordinaria in termini di connotazioni e di implicazioni; e ne tradisce l’attualità, il fatto che caratteri e movenze fondamentali di quegli eventi storici siano in grado di parlare all’oggi, di consentirci di leggere il tempo presente, di consegnarci una traccia per la trasformazione.  

Non c’è dubbio che oggi, tra i Paesi più intensamente impegnati in un processo di trasformazione sociale e, persino, di orientamento socialista (un socialismo “rigenerato”, peraltro, protagonistico e pluralistico, che si sperimenta attraverso le sfide poste dalla diversificazione economica e dal controllo sociale della produzione), ma anche più drammaticamente minacciati dall’imperialismo (tanto del soft power, di Barack Obama, che lo aveva dichiarato una “minaccia” per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, quanto dell’hard power, di Donald Trump, che lo ha frontalmente esposto alla minaccia di un’aggressione diretta, perfino militare) vi sia il Venezuela Bolivariano.
 
Ebbene, nello scenario politico odierno, i comunisti venezuelani, tra gli altri, leggono nitidamente il percorso bolivariano proprio sulla falsariga dell’Ottobre, concependolo, allo stadio attuale di sviluppo, come un processo di trasformazione in due fasi: una prima fase caratterizzata da una lotta, compiuta per l’essenziale, di liberazione nazionale, di emancipazione sociale e di apertura di inediti, iniziali, spazi democratici (analogamente alla Rivoluzione di Febbraio del 1917); una seconda fase orientata ad una rivoluzione, ancora da compiersi appieno, per il superamento della democrazia formale e per il rovesciamento dei rapporti di forza e di potere tra le classi (come nell’Ottobre del 1917).
 
 
L’itinerario complesso della Rivoluzione d’Ottobre
 
Se dunque, nello specifico, traendo spunto dall’esempio bolivariano e dalle sperimentazioni in corso di «socialismo del XXI secolo», non riformistico e con una incisiva portata trasformatrice, l’Ottobre continua, a cento anni di distanza da quei «giorni che sconvolsero il mondo», a fungere da chiave di lettura e a conservare la sua potenza sociale e politica, ideologica e culturale, torna d’attualità, più in generale, l’interpretazione medesima della Rivoluzione d’Ottobre quale grande trasformazione rivoluzionaria, incardinata in un processo storico-dialettico, secondo la consolidata lettura leninista.
 
Gustavs Klucis (1933) - Marx, Engels, Lenin, Stalin; Wikimedia Commons

Prende avvio con una prima fase, embrionale, a sua volta figlia degli eventi storico-sociali precedenti, condensatasi nella sollevazione del 9 gennaio 1905 (la “domenica di sangue”), con la petizione degli insorti allo zar (le riforme strutturali e politiche: la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore, il salario minimo giornaliero, l’assemblea costituente, che torna, anche in questa circostanza, come parola d’ordine rivoluzionaria); cui fa seguito la spietata repressione da parte delle truppe imperiali, che culmina in un vero e proprio “bagno di sangue”, con centinaia di morti e migliaia di feriti.
 
Matura quindi in una seconda fase, sviluppatasi attorno agli eventi di febbraio, sino al 2 marzo 1917 (la Rivoluzione di Febbraio), inaugurata tragicamente dalla repressione zarista delle manifestazioni di commemorazione della “domenica di sangue”, accesa dagli scioperi di Pietrogrado del febbraio e dalla rivolta di Mosca della fine del mese, culminata con la trasformazione istituzionale e con il superamento della autocrazia; si consolida il dualismo tra la Duma e i Soviet, la proposta dello zar per un’assemblea costituente cade adesso nel vuoto, e lo zar stesso è costretto all’abdicazione.
 
Si sviluppa, infine, in una terza fase, che rappresenta il culmine di questa stagione e l’innesco di un nuovo processo, con la rivoluzione del settembre - ottobre, vittoriosa, simbolicamente, il 25 ottobre 1917, con la conquista del Palazzo d’Inverno (la Rivoluzione d’Ottobre), che porta la mobilitazione rivoluzionaria vera e propria, da Pietrogrado a Mosca, via via a tutti i vari centri della Russia e alla sostituzione di tutti i poteri costituiti con i nuovi poteri rivoluzionari, cioè emanazione dei Soviet, i terminali politici, dei deputati operai, contadini e soldati, di organizzazione e direzione di massa.
 
In questo senso, sin dal 1905, Lenin scriveva che «il Soviet dei deputati operai, in quanto centro di direzione politica della rivoluzione, è una organizzazione […] troppo ristretta. Il Soviet deve proclamarsi governo rivoluzionario provvisorio, o costituire tale governo, mobilitando nuovi deputati, eletti non solo dagli operai, ma anzitutto dai marinai e dai soldati, che si sono battuti ovunque per la libertà, poi dai contadini rivoluzionari, ed infine dagli intellettuali borghesi rivoluzionari.
 
«Il Soviet deve eleggere il nucleo del governo rivoluzionario provvisorio ed integrarlo, poi, con i rappresentanti di tutti i partiti rivoluzionari e di tutti i democratici rivoluzionari (ovviamente, solo i rivoluzionari, non anche liberali). Non solo non temiamo una composizione così ampia ed eterogenea, ma, anzi, la auspichiamo, perché senza l’alleanza tra il proletariato ed i contadini, senza l’intesa combattiva tra i socialdemocratici e i democratici rivoluzionari, il successo della grande rivoluzione russa è impossibile. Si tratterà di un’alleanza temporanea, legata a compiti pratici, immediati e definiti, mentre a guardia dei più importanti e radicali interessi del proletariato socialista … vi sarà sempre il partito operaio socialdemocratico di Russia, autonomo e coerente con i suoi principi».
 
Si affaccia, in questa lettura, un ulteriore tema di attualità: quale grande processo storico-dialettico, come tutte le trasformazioni epocali, la Rivoluzione d’Ottobre non è stata un processo lineare né pre-definito; i rapporti di forza tra le classi e il decisivo orientamento ideologico della direzione rivoluzionaria (i bolscevichi e Lenin) sono stati i fattori che vi hanno impresso il carattere socialista.
 
 
L’Ottobre innanzi al mondo oggi
 
È bene ricordare, a tal proposito, che lo stesso Lenin, nelle «Tesi di Aprile» (1917), concepiva la transizione rivoluzionaria al socialismo come un processo storico, in quanto (tesi 2), «l’originalità dell’attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa dell’insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato, alla seconda fase della rivoluzione, che deve dare il potere al proletariato»; inoltre (tesi 8), «il nostro compito immediato non è la “instaurazione” del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet».
 
Dunque, l’attualità dell’Ottobre, in relazione ai compiti del presente, si staglia, sulla base di questi presupposti, con ancora più evidenza; e, con ancora maggior forza, si impone, di fronte alle sfide di un mondo dilaniato dalla polarizzazione sociale, dalla radicale diseguaglianza, dall’ingiustizia. L’Ottobre parla, essenzialmente, della costruzione di «un mondo nuovo»: l’adesione diretta delle masse popolari, a partire dal proletariato, al potere; il controllo sociale della produzione, la socializzazione della produzione industriale, la collettivizzazione della produzione agricola; i nuovi rapporti internazionali, e tra i popoli e le nazionalità, improntati alla uguaglianza e alla fraternità.
 
Tutto questo di fronte alla crisi del capitalismo del tempo presente, che ci ricorda, al contrario, che, oggi, cento anni dopo l’Ottobre, le otto (otto) persone più ricche possiedono la ricchezza dei 3.6 miliardi (miliardi) di persone più povere del mondo; si stima, a proposito di uguaglianza tra i generi, che saranno necessari, di questo passo, 170 anni (170) alle donne per raggiungere ovunque gli stessi livelli di retribuzione degli uomini; e la guerra segna il presente di trentadue Paesi del mondo. Vi sono, tra i vari, “insegnamenti” nei quali si condensa il tratto di attualità dell’Ottobre, oggi.
 
Il'ja P. Makarychev, Wikimedia Commons

1. La centralità della dinamica di massa, e del proletariato, nella composizione con cui storicamente si determina, nel farsi della storia in quanto «storia del conflitto tra le classi»; in questo senso, sono formidabili, per la portata e per il messaggio, i primi provvedimenti rivoluzionari dell’Ottobre, il decreto sulla pace (la «pace giusta e democratica senza annessioni e senza indennità», con cui, per la prima volta nella storia, vengono rigettate, ufficialmente, la legittimità del dominio coloniale e la pratica della diplomazia segreta); il decreto sulla terra (l’abolizione della proprietà fondiaria e la restituzione della terra ai contadini, anche in questo caso e in questa forma, per la prima volta nella storia); il decreto sulle nazionalità (l’uguaglianza dei popoli ed il diritto all’autodeterminazione).
 
2. La costruzione del fronte anti-fascista, la cui urgenza torna oggi nel quadro di un’Europa sempre più attraversata dai nazionalismi identitari e dalle pulsioni xenofobe, nel contesto del quale l’Unione Sovietica sarebbe stata il centro, prima e dopo la seconda guerra mondiale, delle mobilitazioni anti-fasciste su scala nazionale, pagando inoltre il tributo più alto nella resistenza all’aggressione e nell’avanzata contro la barbarie nazi-fascista (non si dimentichi che l’Unione Sovietica distrusse oltre il 70% delle divisioni tedesche ed ebbe oltre 26 milioni di caduti durante la guerra, per non dire delle 1700 città e 70.000 villaggi, dei 6 milioni di edifici e 65 mila km di ferrovie distrutti).
 
3. La costruzione del fronte anti-imperialista, il cui contributo fu decisivo nel processo di liberazione coloniale e nella questione dell’autodeterminazione dei popoli; Lenin stesso aveva scritto, nel 1915, di rivendicare l’autodeterminazione «non indipendentemente dalla lotta per il socialismo, ma perché questa resta una parola vuota se non è legata indissolubilmente all’impostazione rivoluzionaria di tutte le questioni democratiche, compresa quella nazionale. Noi esigiamo la libertà di autodeterminazione, cioè l’indipendenza, la libertà di separazione delle nazioni oppresse, non perché sogniamo il frazionamento economico o l’ideale dei piccoli Stati, ma viceversa perché desideriamo dei grandi Stati, l’avvicinamento e la fusione tra le nazioni, su una base veramente democratica e internazionalista».
 
Pubblicato in italiano lo scorso 30 settembre, anche il commento di Michael Löwy «sul significato della Rivoluzione d’Ottobre» ne mette opportunamente in luce il carattere di radicalità e innovazione, come di un evento che conserva la sua attualità e mantiene intatto il suo più autentico significato. Tanto per cominciare, quanto al percorso di emancipazione, «i progetti emancipatori radicali del XXI secolo non hanno bisogno di “partire da zero”: possono basarsi sulle lezioni dell’Ottobre. Per esempio: per cambiare la società, hai bisogno di un movimento rivoluzionario di massa delle classi subalterne, in grado di rovesciare l’apparato statale dominante, di spezzare la griglia della gabbia di ferro capitalistica e di imporre l’appropriazione collettiva dei mezzi di produzione».
 
D’altra parte, «sono anche comparsi nuovi problemi, che la generazione del ‘17 non avrebbe potuto prevedere. Tra questi, la questione ecologica, la distruzione della natura da parte della civilizzazione industriale (capitalista) con conseguenze drammatiche, è forse la più importante. […] Credo che ci saranno rivoluzioni emancipatorie anticapitalistiche nel XXI secolo: questa non è una previsione, ma una scommessa. […] Parafrasando … José Carlos Mariátegui: le future rivoluzioni non saranno una pura e semplice imitazione delle esperienze precedenti, ma la creazione eroica del popolo».
 
 
L’Ottobre e il marxismo, vitalità e innovazione
 
Nel suo fondamentale articolo di interpretazione e comprensione degli eventi rivoluzionari, pubblicato sull’“Avanti” il 24 novembre 1917, Antonio Gramsci non si sofferma esclusivamente su una lettura della Rivoluzione d’Ottobre come di una «Rivoluzione contro il Capitale», ripudiando il primato delle ideologie sui fatti e smentendo la ferocia dei canoni del materialismo storico: «La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologie più che di fatti […]. Essa è la rivoluzione contro il “Capitale” di Carlo Marx. Il “Capitale” di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari.
 
«Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un’era capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico. I bolscevichi rinnegano Marx, affermano, con la testimonianza dell’azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono così feroci come si potrebbe pensare e come si è pensato».
 
Gramsci proponeva piuttosto una connessione, anch’essa attuale e vivificante, per la quale sono, essenzialmente, la concretezza delle condizioni storiche e la creatività della volontà solidale, a plasmare e adattare il marxismo, come teoria della prassi e teoria della rivoluzione, alla dinamica della trasformazione orientata all’emancipazione, la liberazione dal bisogno e dalla paura. Così facendo rende evidente, per converso, la vitalità del marxismo come teoria della prassi e della rivoluzione.
 
I bolscevichi «non hanno compilato […] una dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche […]. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, e […] questo pensiero pone sempre, come massimo fattore di storia, non i fatti economici, bruti, ma l’uomo, la società degli uomini, degli uomini che si accostano fra di loro, si intendono fra loro, sviluppano attraverso questi contatti (civiltà) una volontà sociale, collettiva, e comprendono i fatti economici e li giudicano e li adeguano alla loro volontà, finché questa diventa la motrice dell’economia, la plasmatrice della realtà oggettiva, che vive, e si muove, e […] che può essere incanalata dove alla volontà piace».
 
Bandiera Rossa sul Reichstag, immagine simbolo della vittoria

La stessa vitalità, del resto, si rinviene nelle parole di Palmiro Togliatti, quando, riflettendo su «Lo studio delle questioni russe» (1927), rileva che «la piattaforma su cui essi combatterono fu la piattaforma tradizionale del bolscevismo, che si era concretizzata, a contatto con una nuova situazione rivoluzionaria oggettiva, in una nuova prospettiva immediata e in una nuova parola d’ordine». Si indicava, con ciò, la plasticità di una “piattaforma” generale capace di concretizzarsi nell’attualità.
 
Proseguendo, con un rimando di spiccata lucidità e di pregnante vitalità: «La maturità del sistema capitalistico non significa che il passaggio alla costruzione del socialismo possa e debba avvenire contemporaneamente in tutti i Paesi. Essa non significa nemmeno che in tutti i Paesi i rapporti di produzione e i rapporti di forza tra le diverse classi siano giunti allo stesso punto di sviluppo. Al contrario, lo sviluppo imperialistico del capitalismo ha dato più grande evidenza che nel passato alla legge della ineguaglianza dell’evoluzione economica dei diversi Paesi.
 
«Il periodo attuale è periodo di squilibri improvvisi e profondi tra un Paese e l’altro, di impossibilità di ridurre ad unità tutto il mondo della produzione. Ciò fa’ sì che anche la rivoluzione proletaria sia qualcosa di grandemente complesso. Non si tratta del subitaneo apparire nel mondo di un nuovo ordine di cose, ma di un lungo e complicato processo storico, il quale comprende in sé fatti e periodi svariati, vittorie rivoluzionarie, sconfitte e ritirate, guerre imperialistiche e periodi di pace relativa, crisi acutissime e momenti di temporanea e parziale stabilizzazione».
 
Ed anche in questo, di fronte al mondo del tempo presente, innanzi alle tensioni e alle contraddizioni, alle minacce dell’imperialismo, alla dinamica del conflitto tra le classi e della divisione del lavoro su scala internazionale, alle prospettive della pace mondiale, sta l’attualità più viva che mai dell’Ottobre. Un’attualità che non può che stare a cuore, a chi lotta per la dignità, per la giustizia, per la pace.


Collegamenti:
Sul socialismo del XXI secolo, cfr.: il discorso di Hugo Chávez (2005) al FSM di Porto Alegre.
Sulla natura dei soviet (consigli), cfr: l’articolo di V. I. Lenin (1905) per la redazione di Novaja Gizn.
Sul carattere della rivoluzione come processo storico-sociale, cfr.: V. I. Lenin (1917), “Tesi di Aprile”: .
Sull’autodeterminazione dei popoli, cfr.: V. I. Lenin (1915), “Il diritto di autodecisione delle nazioni”.
Sulla celebre interpretazione gramsciana, cfr.: A. Gramsci (1917), “La Rivoluzione contro il Capitale”.
Sulla celebre lettura togliattiana, cfr.: P. Togliatti (1927), “Direttiva per lo studio delle questioni russe”: pubblicato originariamente ne “Lo Stato Operaio”, a. I, n. 2. aprile 1927, pp. 125-138.
Sulla natura originale del socialismo, cfr.: J. C. Mariátegui (postumo, 1955), “Difesa del Marxismo”.

martedì 26 settembre 2017

«Todos Somos Venezuela», un Dialogo per la Pace e la Democrazia

www.psuv.org.ve/temas/noticias/jornadasomos-venezuelacaracas

Circa 300 delegati/e internazionali/e, decine di partiti e sindacati, organizzazioni politiche ed articolazioni sociali, attivisti ed intellettuali, provenienti da 60 Paesi di tutti i continenti; e, cosa di straordinaria importanza, una partecipazione e un coinvolgimento estremamente ampi e protagonistici, culminati nella celebrazione, lo scorso 19 settembre, della Marcia Antimperialista, che ha portato migliaia e migliaia di persone a inondare le vie di Caracas, a ribadire sostegno al processo bolivariano e ripudio di ogni minaccia interventista e di qualsiasi ipotesi di aggressione esterna; sono questi, in estrema sintesi, numeri e dati del Forum Internazionale «Todos Somos Venezuela», un Dialogo Mondiale per la Pace, la Sovranità e la Democrazia Bolivariana, che si è tenuto nella capitale venezuelana tra il 16 e il 19 settembre scorsi.
 
Un incontro mondiale di estrema importanza e di forte impatto che ha consentito, come è stato ribadito più volte nel corso dei lavori delle giornate, di rilanciare su basi ancora più ampie e solide la solidarietà internazionale ed internazionalista verso il Venezuela Bolivariano, di trasformare in un vero e proprio fronte, al tempo stesso partecipato e rappresentativo, l'espressione attiva della solidarietà internazionalista con la rivoluzione bolivariana, e, prima ancora, di aprire nuovi spazi e opportunità di incontro e di condivisione, di relazione e di conoscenza reciproca: mostrando la vivacità democratica, in termini di partecipazione popolare e di innovazione politica, del processo bolivariano, e consentendo alle delegazioni internazionali di conoscere la realtà del Venezuela, il carattere della sua democrazia, il profilo della sua resistenza, mettendo alla prova dei fatti le narrazioni, spesso distorte, che vanno per la maggiore.
 
Difficile mettere in fila, non certo in ordine di importanza, gli eventi salienti che hanno scandito lo sviluppo delle giornate, tra assisi plenarie e tavoli di lavoro, incontri e comunicazioni, riunioni e iniziative pubbliche, in una costante interazione tra interno ed esterno, tra lo spazio (gli spazi, dal Teatro Teresa Carreño al Parco di Waraira Repano, tra gli altri) del dialogo politico per la democrazia popolare e protagonistica e lo scambio reciproco e solidario, e gli spazi, tra Caracas e Vargas, degli scambi e delle manifestazioni. L’evento inaugurale del 16 settembre è stato scandito dalle parole del ministro degli esteri, Jorge Arreaza, che non si è limitato a richiamare la lotta per la pace e la dignità dei popoli minacciati dall’aggressività e dalle ingerenze dell’imperialismo e del neocolonialismo, ma si è soffermato sul carattere innovativo, sociale, della democrazia bolivariana, le cui missioni sociali hanno dato impulso al processo di trasformazione e ne hanno scandito, sin dal 2005, l’orientamento socialista, ispirato da Chavez e confermato da Maduro.
 
Delegazione Cumbre Caracas

La stessa presidentessa dell’Assemblea Costituente, l’organismo eletto con le elezioni popolari dello scorso 30 luglio, Delcy Rodriguez, richiamandosi a quell’America Latina attraversata dal realismo magico e dal sincretismo religioso, di cui aveva appena finito di parlare lo stesso Jorge Arreaza, ha ricordato, in apertura del suo discorso, la definizione di Rivoluzione fornita, a suo tempo, da Fidel Castro, quando, nel 2000, sulle soglie del nuovo millennio, aprì ancora una volta uno scenario carico di futuro, definendo la Rivoluzione «il senso del momento storico; il cambiare tutto ciò che deve essere cambiato; eguaglianza e piena libertà; trattare ed essere trattati come essere umani; emancipazione e sfida alle poderose forze dominanti dentro e fuori l’ambito sociale e nazionale; difendere i valori in cui si crede a prezzo di qualsiasi sacrificio». E così il popolo bolivariano ha davvero lanciato la sfida al modello capitalista e all’egemonia imperiale perché parla a tutti i popoli del mondo la parola della rivoluzione e dell’auto-determinazione, contro l’ingiustizia.
 

E’ proprio l’Assemblea Costituente oggi il terreno più concreto della sfida lanciata dal processo bolivariano alle forze, dentro e fuori il Paese, che guardano al passato e non al futuro: il presidente costituzionale, Nicolas Maduro, nell’incontro con le delegazioni internazionali riunite a Waraira Repano, il 17 settembre, ha ricordato come «il Venezuela ha sviluppato un progetto autoctono e originale di emancipazione e di democrazia, sulla base di un’idea autonoma, nazionale, di costruzione della propria stessa democrazia». Così, nell’incontro con deputati e deputate dell’Assemblea Costituente, il 19 settembre, viene definita la visione di questo strumento di partecipazione: rafforzare il modello costituzionale, originale e innovativo, basato sui cinque poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario, cittadino ed elettorale) e sulla dialettica tra poteri “costituiti” e poteri “costituenti”; avviare un nuovo modello economico, sociale, basato sulla «economia produttiva diversificata»; garantire rango costituzionale alle missioni sociali; consolidare la democrazia partecipativa; sviluppare la trasformazione sociale avviata dalla rivoluzione bolivariana. 

Nell’incontro con i/le costituenti, che, prima della Grande Marcia Antimperialista, ha chiuso, il 19 settembre, le giornate del forum di solidarietà, viene portato in risalto il contenuto di innovazione e di originalità del processo costituente bolivariano, insieme con il carattere autentico e specifico della democrazia venezuelana. Nella Costituzione (1961) della IV Repubblica non solo il processo democratico era fortemente limitato, ma, in particolare, esisteva un solo articolo che parlava dei popoli indigeni del Venezuela, che non erano, peraltro, considerati parte integrante della nazione venezuelana; viceversa la Costituzione (1999) con cui s'è inaugurata la V Repubblica, la Costituzione promossa da Hugo Chavez, non solo estende ed amplia i poteri democratici, ma, nello specifico, riconosce pienamente, per la prima volta, i popoli indigeni, saldando così, come ricorda una celebre espressione dello stesso Hugo Chavez, «il debito storico con i popoli indigeni del Venezuela». 

Delcy Rodriguez, in qualità di presidentessa della ANC, interviene, con la sua relazione, per ribadire che il movimento internazionale di solidarietà con il Venezuela è profondamente anti-capitalista ed anti-imperialista e si trova oggi a fronteggiare il potere imperiale più forte e minaccioso della storia. La “macchina imperiale” è una macchina che alimenta, riproduce e moltiplica guerra, povertà e diseguaglianza: se oggi otto persone possiedono la ricchezza del 50% del mondo intero, di metà del mondo intero, allora il capitalismo è, né più né meno, il regno della diseguaglianza. Il socialismo bolivariano è un modello in questo mondo di diseguaglianze: perché si costruisce, al tempo stesso, nel senso dell’uguaglianza e della partecipazione. Il «mondo alla rovescia» dell’egemonismo e dell’imperialismo pretende  di minacciare e di aggredire il Venezuela, che invece difende i principi della democrazia e della giustizia sociale. Per questo, il processo costituente in corso in Venezuela è “unico” perché non serve solo a creare una nuova Costituzione, aggiornandola ed approfondendola, ma serve soprattutto a costituire un nuovo processo popolare.
 
Ancora una volta dall’America Latina, sulla scorta degli apprendimenti della Revolución di Cuba e dell’integrazione della «Patria Grande» latino-americana, parte una sfida al modello imperiale, per un mondo pienamente umano, di dignità e di giustizia, infine riassunta nel Proclama di Caracas e trasferita nella prassi attraverso un Piano di Azione con cui continuare a sviluppare partecipazione e solidarietà. Gli spunti di questo piano, confermati dalla plenaria serale del 17 settembre in Teresa Carreño, sono essenzialmente riassumibili nelle seguenti quattro aree di impegno: 1) organizzare il movimento di solidarietà: ad esempio con la creazione di un database di articolazioni solidali e scambi di delegazioni; 2) attivare la campagna di informazione: «La Realtà del Venezuela», attivando iniziative, reti e piattaforme di comunicazione/informazione e contrastando la usuale campagna mediatica di "demonizzazione" del Venezuela; 3) sviluppare un percorso d'azione basato sulla cultura e coinvolgendo le forze intellettuali nel percorso di conoscenza e di sensibilizzazione (iniziative a sfondo culturale, piattaforma di intellettuali, Biblioteca «Todos Somos Venezuela»); 4) pressione sugli organismi internazionali, in primo luogo attivando una strategia che coinvolga partiti, sindacati e realtà sociali e consenta l'attivazione più ampia e solida a sostegno del processo bolivariano. 

lunedì 22 maggio 2017

Cosa succede in Venezuela?

pressenza.com/it/2017/05/sostegno-della-rivoluzione-bolivariana-socialista


A sostegno della Rivoluzione Bolivariana e Socialista

Ancora una volta, il Venezuela attraversa un momento critico della sua storia; ancora una volta, le opposizioni di destra, una destra radicale e violenta, seminano terrore e morte a Caracas e altrove nel Paese; ancora una volta, i grandi media occidentali, sintonizzati sulla lunghezza d'onda della narrazione dominante e dell'agenda di Washington, rovesciano la realtà, manipolano i fatti, strumentalizzano gli eventi, per dare tutta la colpa e tutte le responsabilità al governo legittimo, democraticamente eletto, di Nicolas Maduro, espressione del socialismo bolivariano, successore del comandante Hugo Chavez. 

I vari capi dell'opposizione pianificano la "caccia al chavista"; e intanto si contano a decine, nel corso degli ultimi anni,  i casi di esponenti e dirigenti del movimento bolivariano, minacciati, colpiti, uccisi nelle strade, talvolta perfino nelle loro case. Tra gli ultimi e più clamorosi, in ordine di tempo, il caso, lo scorso 22 aprile 2017, di Jacqueline Josefina Ortega, dirigente del PSUV, membro del Consiglio Comunale di Miranda e del Comitato Locale di Approvvigionamento e di Produzione (CLAP), uno degli strumenti con cui il governo bolivariano intende fare fronte alla guerriglia economica e al sabotaggio. 

Henry Ramos Allup, già presidente del parlamento venezuelano, vice-presidente dell'Internazionale Socialista, quella delle socialdemocrazie e delle sinistre borghesi del mondo, ha recentemente invitato a pregare per "i morti che sicuramente ci saranno ancora", descrivendo uno scenario che è tuttora in corso, che rappresenta la strategia della destra eversiva venezuelana, che mira a diffondere devastazione e panico per provocare la destabilizzazione e, magari, offrire il pretesto ad un "intervento" esterno. Solo tra aprile e maggio le vittime della violenza sono già 28; più di 400 i feriti.
 
L'opposizione di destra siede però in un parlamento irregolare, i cui atti sono nulli. Anche di questo si incolpa Maduro, reo, secondo la grande stampa occidentale, di avere "svuotato" il parlamento, "ridotto al silenzio" le opposizioni, che in parlamento sono in maggioranza, "violato" lo stato di diritto. Nessuno però fa ricordare che il Tribunale Supremo di Giustizia aveva dichiarato nulla l'elezione, per irregolarità e brogli accertati, di quattro deputati, tre dell'opposizione, e che questa opposizione ha deciso di insediarli lo stesso in parlamento, violando la legge, ponendosi "in oltraggio" alla corte.
 
All'opposizione non interessa la via istituzionale, parlamentare o democratica. Alla più volte ribadita proposta di Nicolas Maduro e del governo di formare un tavolo per il dialogo con l'opposizione, per fermare la violenza e riportare la pace nel Paese, Allup ha dichiarato il dialogo "morto" e "inutile". Quando finanche il Papa ha ribadito l'esigenza della pace e del dialogo nazionale, Henrique Capriles, altro leader della destra più radicale, ha rifiutato ancora una volta l'ennesimo appello al dialogo, accusando perfino il Papa di essere in errore, "come se qualcuno volesse il dialogo e qualcun altro no".
 
Il chavismo ha dimostrato, ancora una volta, non solo fermezza nel proposito di contrastare la guerriglia e il sabotaggio, ma anche vitalità, mobilitando, ancora nelle sue manifestazioni di aprile, milioni di persone, organizzando una milizia popolare bolivariana, continuando i programmi di investimento in costruzioni popolari, case, servizi sociali per la popolazione. Nessuno nasconde le difficoltà, i limiti di una economia fortemente dipendente dal petrolio, le debolezze prodotte da una ancora incompiuta diversificazione produttiva, le conseguenze di una inflazione, peraltro artificiosamente alimentata da manipolazioni sui tassi di cambio, che fanno sentire i loro effetti sull'economia e la spesa dei cittadini.
 
E tuttavia è evidente che, come sappiamo, il "Condor vola ancora": guerriglia, violenza, disordine, saccheggi, sabotaggi, segnalano la volontà della destra golpista di ripetere, mutatis mutandis, il copione cileno del '73. Il potere costituente, in Venezuela, è l'artefice della Costituzione e la fonte di legittimità dei poteri costituiti, che, a seguito della Rivoluzione Bolivariana, sono cinque, non tre: esecutivo, legislativo, giudiziario, ma anche popolare ed elettorale. A questo potere costituente, dunque, si torna: e Maduro, coerentemente con l’art. 347 della stessa Costituzione Bolivariana, ha avanzato la proposta di formare un’Assemblea Popolare Costituente, per riformare lo Stato e costituzionalizzare le missioni sociali, per far sì che «al popolo non manchi più nulla» e creare nuovi capitoli di diritti per i lavoratori, gli studenti, le donne.
 
Sono gli organismi internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, ad attestare il progresso sociale conseguito dal processo bolivariano, all'insegna del socialismo, appunto, un "socialismo del XXI secolo". Nel tempo della rivoluzione bolivariana e socialista, l'investimento sociale è cresciuto più di 10 volte. Il tasso di povertà assoluta, pari all'11% nel 1998, è sceso al 5% nel 2016. Prima di Chavez, si costruivano in media 16mila case all'anno; dopo Chavez, in media, più di 60mila case. I poveri con accesso all'istruzione primaria sono passati dal 33% al 74%. Oggi, oltre il 98% delle persone tra i 15 e i 24 anni è alfabetizzata. L'indice di sviluppo umano del Venezuela, pari a 0,767, è più alto della media dell'America Latina (0,741).
 
I traguardi del socialismo bolivariano sono una conquista, oggi più che mai, da rivendicare e da difendere; per questo è necessario moltiplicare iniziativa e mobilitazione a sostegno delle forze progressiste e bolivariane in Venezuela e contro tutti i tentativi della destra di provocare violenza e destabilizzazione. Contro i tentativi di golpe,  i piani di destabilizzazione dell'imperialismo e delle sue quinte colonne, la violenza delle destre. Per lo sviluppo e il consolidamento dell'esperimento bolivariano e socialista, per l'emancipazione nel segno del protagonismo popolare.
 

domenica 9 aprile 2017

Contro la Guerra in Siria



La presa di posizione, qui a seguire, in italiano, del Consiglio Mondiale per la Pace. 

Il Consiglio Mondiale della Pace denuncia e condanna i recenti attacchi missilistici degli Stati Uniti contro obiettivi siriani avvenuti il 6 aprile, quale atto di un'ulteriore escalation dell'intervento imperialista in Siria e nella regione, giustificata con il presunto utilizzo di armi chimiche a Khan Sheikhoun, città vicino Idleb, da parte dell’esercito siriano, crimine dalle dubbie motivazioni.

Il bombardamento statunitense della Siria costituisce non solo la violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite, ma è anche la continuazione delle politiche delle precedenti amministrazioni statunitensi, adesso da parte dell'amministrazione Trump.

Dopo aver creato, addestrato e finanziato i gruppi armati mercenari di “ISIS” e altri, gli Stati Uniti, la NATO e l'UE, con i propri alleati nella regione, stanno fornendo sostegno ai gruppi terroristici armati, attraverso attacchi contro l'esercito siriano, non per la prima volta.

Dietro questi attacchi ci sono i piani per la creazione di un “Grande Medio Oriente” per il controllo delle risorse energetiche e delle vie di approvvigionamento e per ridisegnarne i confini e installare regimi “amici”.

Il Consiglio Mondiale della Pace esprime la sua solidarietà con il popolo siriano e i popoli della regione per il loro diritto di determinare liberamente e senza alcuna interferenza esterna il loro destino. Denunciamo anche l'ipocrisia e la "doppia morale" degli imperialisti, che sostengono e/o conducono attacchi contro i popoli e le nazioni, creando centinaia di migliaia di rifugiati, allo stesso tempo “versando lacrime” per gli sfollati che fuggono per mettere in salvo la propria vita.

Il Consiglio Mondiale della Pace invita i suoi membri e i suoi simpatizzanti a condannare gli interventi imperialisti e i piani imperialisti nella regione, e ad esprimere solidarietà con i popoli in condizioni di necessità.


Qui il testo originale per l'ulteriore diffusione: www.wpc-in.org/statements/statement-world-peace-council-missile-attack-usa-against-syrian-targets