mercoledì 19 aprile 2023

Un simbolo di fratellanza e unità.

Museum of Yugoslavia, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Un simbolo di fratellanza e unità: Boro Vukmirović e Ramiz Sadiku furono fucilati insieme il 10 aprile 1943, nel villaggio di Landovica, alle porte di Prizren. Erano stati fatti prigionieri sulla strada da Djakovica a Prizren, mentre si recavano a un incontro con il leggendario capo partigiano Svetozar Vukmanović Tempo. Torturati dalla polizia fascista, fucilati insieme, abbracciati, hanno mantenuto integra la loro coerenza sino alla fine, e sono rimasti un simbolo della fratellanza e unità di albanesi e serbi in Kosovo. Dopo la guerra, a loro fu intitolato il grande Palazzo dello sport a Prishtina, che poi ha cambiato nome, e a loro sono state intitolate strade e lapidi commemorative.

Boris Vukmirović (1912-1943) era operaio e membro dello Stato Maggiore dei distaccamenti partigiani per il Kosovo. Nato il 1 agosto 1912 a Berzigov, in Bulgaria, non poté completare gli studi e ottenne un lavoro come operaio, sin dal 1932 membro della Gioventù Comunista (SKOJ) e dal 1933 membro del Partito Comunista di Jugoslavia (KPJ). Alla fine del 1934 era già segretario del Comitato Cittadino del KPJ per la città di Peć/Peja. A causa della sua attività rivoluzionaria, fu più volte imprigionato, nel 1935 torturato nel carcere di polizia di Peć/Peja, mandato a processo e poi assolto. Dal 1940 è membro del Comitato Provinciale del KPJ per il Montenegro, il Sangiaccato e il Kosovo.

Instancabile organizzatore, è tra i principali promotori di manifestazioni, scioperi e lotte in Kosovo, tra le quali, in particolare, le grandi manifestazioni antifasciste del maggio 1940 e del marzo 1941. Dopo l’aggressione nazi-fascista alla Jugoslavia, è attivo nel lavoro politico e come membro del Comitato Militare. Assume, dopo l'arresto di Miladin Popović, la carica di segretario del Comitato Regionale del KPJ ed è incaricato di stabilire legami con i comunisti albanesi, contribuendo all’organizzazione del Partito Comunista d'Albania. Al suo nome e alla sua opera sono legati molti successi del Movimento di Liberazione dei Popoli della Jugoslavia in Kosovo.

Dalla fine del 1942 è membro dello Stato Maggiore provvisorio dei distaccamenti partigiani per il Kosovo, combattente instancabile della resistenza, della lotta di liberazione e della fratellanza e unità dei popoli. Ha fondato e diretto fino alla fine il giornale "La voce del popolo", organo del Comitato del KPJ per il Kosovo. Lasciando Djakovica, con Ramiz Sadiku, per un incontro con Svetozar Vukmanović Tempo, capo partigiano in Bosnia Erzegovina, poi in Macedonia, e, dopo la guerra, viceministro della difesa (1945-1948) e presidente della Federazione dei Sindacati della Jugoslavia (1958-1967), cadde in un’imboscata il 7 aprile 1943, fu ferito e catturato dai fascisti. Resistette, fino alla fine e senza cedimenti, a prolungate torture. Fu fucilato il 10 aprile 1943 a Landovica, vicino a Prizren, insieme a Ramiz Sadiku. Fu dichiarato eroe nazionale il 6 marzo 1945.

Ramiz Sadiku, nato a Peć/Peja nel 1915, completò gli studi nella città natale e si iscrisse poi alla Facoltà di Giurisprudenza a Belgrado. Attivo, da studente, nel movimento rivoluzionario, fu tra i fondatori, nel 1931, del circolo sportivo "Budućnost", dove si riunivano i giovani rivoluzionari. Divenne poi membro della SKOJ nel 1933 e del KPJ nel 1936; poi ancora dell'Ufficio di Presidenza del Comitato Distrettuale del KPJ per il Kosovo e fu particolarmente attivo per l’uguaglianza dei diritti per il popolo albanese.

Dopo l’occupazione dell'Albania a opera dell’Italia fascista (7-12 aprile 1939), il Comitato Distrettuale del KPJ per il Kosovo si è costantemente impegnato nell’attività politica e sociale contro il fascismo e contro l’occupazione, e Ramiz Sadiku fu arrestato e imprigionato per due mesi nella famigerata Torre Sheremet a Peć/Peja, trasferito nella prigione di Ada Ciganlija a Belgrado, e nuovamente portato a Peć/Peja, dove fu mandato a processo, quindi assolto. Nel luglio 1942 fu nuovamente arrestato per la sua attività politica a Peć/Peja e ancora imprigionato nella Torre Sheremet. Nonostante le continue torture, non rivelò mai nulla dell’attività rivoluzionaria sua e dei suoi compagni, e per questo, nel settembre 1942, fu trasferito in una prigione a Tirana.

Grazie a un gruppo di comunisti albanesi, guidati da Koča Džože, riuscì avventurosamente a evadere dal carcere e a rientrare in Kosovo, fino alla fine, fucilato il 10 aprile 1943 nel villaggio di Landovica, insieme a Boro Vukmirović, con il quale fu dichiarato eroe nazionale della Jugoslavia il 6 marzo 1945. Poco dopo, il 9 settembre 1945, con Decreto della Presidenza del Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare d'Albania, su proposta di Enver Hoxha, fu dichiarato eroe dell'Albania.

A Landovica sorgeva lo straordinario monumento dedicato ai due eroi e intitolato alla “fratellanza e all’unità dei popoli della Jugoslavia”, da loro così esemplarmente testimoniata, capolavoro modernista di Miodrag Pecić e Svetomir Basara, inaugurato nel 1963, in occasione del ventennale della loro fine. L’atto di inaugurazione fu un evento storico per il Kosovo e per l’intera Jugoslavia. Il monumento fu ufficialmente inaugurato il 30 novembre 1963, all’indomani della Giornata della Jugoslavia, la giornata memoriale del 29 novembre, alla presenza di Tito, in un evento accompagnato dalla lettura dell’opera del grande poeta albanese, Adem Gajtani, la celebre poesia a "Boro e Ramiz".

Il 29 novembre era il Dan Republike, il Giorno della Repubblica: il 29 novembre 1943, a Jajce, in Bosnia, si tenne infatti il II Consiglio Antifascista di Liberazione dei Popoli della Jugoslavia (AVNOJ), con il quale nacque la Jugoslavia socialista; la risoluzione dell’AVNOJ segnalava «la volontà comune di tutti i popoli della Jugoslavia, testimoniata nel corso dei tre anni di guerra per la liberazione, che ha forgiato l’inseparabile fratellanza dei popoli della Jugoslavia». Ancora il 29 novembre, nel 1945, fu proclamata la costituzione della Repubblica Popolare Federale di Jugoslavia, la prima prova istituzionale della seconda Jugoslavia, dopo quella monarchica, la Jugoslavia socialista, all’insegna del socialismo, dell’autogestione, del non allineamento, della fratellanza e unità dei popoli.

L'elemento centrale del monumento di Landovica era un obelisco alto 10 metri, una rappresentazione radicalmente stilizzata di Boro e Ramiz che si abbracciano nell’istante della loro esecuzione. Di fronte, c'era un grande mosaico di Hilmija Ćatović raffigurante la scena della esecuzione. Nulla di tutto questo è sopravvissuto alla fine del socialismo e alla furia della violenza nazionalista nella regione. Dopo l’aggressione della NATO alla Jugoslavia e la secessione di fatto del Kosovo nel 1999, le nuove autorità nazionaliste albanesi-kosovare hanno deliberato la distruzione del capolavoro per costruire al suo posto un "Cimitero dei martiri" (Varrezat e Dëshmorëve) in onore dei combattenti della guerriglia separatista dell’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, fino al 1998 registrato nella lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento di Stato.

Come riportava un articolo del Washington Times del 3 maggio 1999, «l’Esercito di Liberazione del Kosovo, che l'amministrazione Clinton ha abbracciato e alcuni membri del Congresso vogliono armare, come parte della campagna di bombardamenti della NATO, è un'organizzazione terroristica che ha finanziato gran parte del suo sforzo bellico con i profitti della vendita di eroina. [...] "Erano terroristi nel 1998 e ora, per ragioni politiche, sono combattenti per la libertà", ha detto un alto funzionario che ha chiesto di non essere identificato». Resta, tuttavia, la memoria della storia e l’impronta dell’arte. 

Qui, in conclusione, il testo della poesia di Adem Gajtani, "Boro e Ramiz":


Jedno smo nebo
dva lista s iste grane
dva kamička iz iste rijeke
čiste Bistrice
dva tijela iz iste krvi
prečiste krvi Dukađina
prsti sa iste ruke
jedna smo lasta
ja desno krilo njeno
ti njeno lijevo krilo
oči moje tvoje trepavice
tvoji nabori moje čelo
pričaju o putevima u budućnost
pričaju o putevima ka slobodi
Pušketaše nas
od istog smo metka pali —
jer šta sam ja bez tebe
šta je jedno krilo
bez drugog krila
.


In italiano:

Siamo un cielo
due foglie dello stesso ramo
due ciottoli dello stesso fiume
chiara Bistrica
due corpi dello stesso sangue
puro sangue di Dukajini
dita della stessa mano
siamo una rondine
Io la sua ala destra
tu la sua ala sinistra
i miei occhi le tue ciglia
le tue pieghe la mia fronte
parlano di strade per il futuro
parlano di percorsi verso la libertà
Ci stavano sparando
siamo caduti dalla stessa pallottola -
perché cosa sono senza di te
cos'è un'ala
senza un'altra ala.