venerdì 28 maggio 2021

Elezioni in Siria, vittoria di Assad

Ermanarich, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons


Per quanto il giudizio delle potenze occidentali sia categorico e, nel circuito dell’informazione mainstream, anche l’unico degno di menzione e di risalto, è opportuno andare a vedere più da vicino lo svolgimento e l’esito delle elezioni presidenziali in Siria, che si sono tenute lo scorso 26 maggio, per l’intera giornata, vale a dire dalle sette del mattino alle sette della sera, praticamente in tutto il Paese, eccezion fatta per alcuni distretti cui si farà riferimento in seguito, per un totale, come è stato riferito dalla stampa, di 12.000 seggi elettorali.

Secondo DW, infatti, «i seggi in Siria si sono aperti in tutte le aree sotto il controllo del Governo per un’elezione presidenziale convocata per conferire al presidente Assad un quarto mandato della durata di sette anni. Il voto, liquidato come farsa dall’opposizione e dai Paesi occidentali, costituisce la seconda elezione presidenziale dall’inizio del conflitto, ormai dieci anni fa. Un membro della commissione elettorale, citato dall’agenzia statale di stampa della Siria, ha detto che gli osservatori «hanno registrato una grande affluenza» sin da quando i seggi elettorali hanno aperto alle 7.00. [...] L’emittente pubblica siriana ha, inoltre, mostrato persone sventolanti bandiere siriane ed immagini di Assad mentre alcuni declamavano il suo nome davanti ai seggi elettorali».

Fin qui la cronaca, cui è il caso di aggiungere, come si accennava sopra, la portata “geografica” del voto, dal momento che la sfida di portare al voto il numero più alto di cittadini e cittadine siriane nel numero più alto possibile di distretti del Paese, sembra essere stata vinta dalle istituzioni siriane: hanno votato infatti poco più di 14 milioni e 200 mila persone, su un totale di elettori registrati pari a poco più di 18 milioni e 100 mila, per un’affluenza alle urne superiore al 78%. Analogamente estesa la portata territoriale del voto, dal momento che le elezioni si sono svolte praticamente in tutto il Paese, con l’eccezione della regione a maggioranza curda del Nord Est, dove gli unici seggi aperti sono stati quelli dei distretti sotto il controllo delle forze armate siriane, Hasakah e Qamishlo, e della regione del Nord Ovest controllata prevalentemente dalle forze dell’opposizione. Le istituzioni siriane, d’altro canto, controllano oggi tutte le principali città e ampia parte del territorio.

Sul sito dell’agenzia K24 sono state riportate due distinte testimonianze sull’esito di queste elezioni, quella di un cittadino a Qamishlo secondo cui «dopo le distruzioni e le uccisioni degli ultimi dieci anni, queste elezioni volute dal regime, che sta distruggendo il Paese, non possono essere accettate»; e poi quella di Mustafa Mashaykh, membro del Consiglio Centrale del Consiglio Democratico Siriano (SDC), per il quale «la cosa davvero sorprendente è che abbiamo le stesse elezioni anche durante la guerra in cui il Paese è stato distrutto».

Di segno diverso, non solo i dati dell’affluenza ma anche le testimonianze diffuse dall’agenzia di stampa siriana, la SANA, che ha riportato i risultati ufficiali: «Il presidente del Parlamento Hammouda Sabbagh ha annunciato giovedì la vittoria di Bashar al-Assad per la carica di presidente della Repubblica Araba Siriana, con una maggioranza di voti pari al 95,1%. Assad ha ottenuto 13.540.860 voti. Il totale degli elettori con diritto di voto all'interno e all'esterno della Siria è pari a 18.107.109, mentre il totale dei votanti è pari a 14.239.140, il 78,6%. Il secondo candidato, Mahmoud Marei ha ottenuto 470.276 voti, pari al 3,3% dei votanti, mentre Abdallah Salloum Abdallah ha ottenuto 213.968 voti, pari all'1,5% dei votanti. In base all'articolo 86 della Costituzione e all'articolo 79 della legge elettorale, ... annunciata la vittoria di Bashar al-Assad per la carica di presidente».

La stessa agenzia ha mostrato, del resto, foto di elettori della coalizione al potere, nel corso dei festeggiamenti, in diverse località della Siria, per la vittoria di Assad. In un precedente comunicato, l’agenzia aveva inoltre riferito che inviti ufficiali a monitorare il processo elettorale erano stati spiccati per delegazioni di osservatori internazionali da vari Paesi tra i quali Algeria, Russia, Iran, Cina, Repubblica Bolivariana del Venezuela, Cuba, Bielorussia, Sudafrica, Ecuador, Nicaragua, Bolivia. Mentre l’altra parte del mondo, vale a dire l’insieme degli Stati Uniti e dei loro alleati NATO, protagonisti, peraltro, della guerra civile e per procura che da dieci anni ha portato morte e distruzione nel Paese, si sono affrettati a dichiarare che: «noi, ministri degli esteri di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d'America, desideriamo chiarire che le elezioni presidenziali in Siria del 26 maggio non saranno né libere né eque. [...] Denunciamo la decisione del regime di Assad di tenere elezioni al di fuori del quadro descritto nella risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza e sosteniamo le voci di tutti i siriani, comprese le organizzazioni della società civile e l'opposizione siriana, che hanno condannato il processo elettorale come illegittimo», una dichiarazione che, se da un lato richiama alcuni contenuti della risoluzione 2254, dall’altro si configura come una ulteriore, grave, ingerenza negli affari interni del Paese.

Se da un lato, infatti, il Consiglio Democratico Siriano (SDC) ha dichiarato di non fare parte e di non avere intenzione di partecipare al processo elettorale, dall’altro il Consiglio Nazionale Siriano (SNC) ha dichiarato che le uniche elezioni accettabili in Siria sono quelle alle quali Assad non parteciperà. Sebbene lo stesso Assad abbia ottenuto una vasta maggioranza con la sua coalizione, il Fronte Progressista, insieme di partiti socialisti e patriottici panarabi, tra cui, in primo luogo, il Baath siriano, mentre meno di 500 mila voti siano andati a Mahmoud Marei, con l’Unione Araba Socialista Democratica, parte della Coalizione Nazionale Democratica.


domenica 2 maggio 2021

Il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici e la solidarietà internazionalista

Foto: José Raúl Rodríguez Robleda, www.trabajadores.cu

Richiamando l’esigenza dell’unità, sia su scala nazionale sia nella dimensione internazionale, del proletariato, del mondo del lavoro, delle masse popolari, e soffermandosi sulle iniziative di lotta e di rivendicazione per un avanzamento delle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, nel tempo duro delle politiche di “confinamento”, di contenimento del contagio e di «governo della pandemia», la Conferenza provinciale si svolge in un momento impegnativo, denso di richiami di forte impatto politico e simbolico, anche nella dimensione propria della solidarietà internazionalista.

Siamo infatti nel 60° anniversario della eroica vittoria di Playa Girón. Il 17 aprile 1961 aveva inizio il tentativo di invasione del territorio di Cuba da parte di un esercito di mercenari, finanziato, addestrato e armato dagli Stati Uniti, con l’obiettivo di rovesciare la Rivoluzione che aveva trionfato appena due anni prima, nel 1959, e che proprio in quel 1961 avrebbe dichiarato il proprio carattere socialista.

Le forze armate, le milizie rivoluzionarie, il popolo di Cuba, con la loro autodifesa e con la loro resistenza, fecero fallire l’invasione nell’arco di 72 ore, anche sulla spinta di una vasta solidarietà internazionale, che in Europa, e anche in Italia, portò migliaia di cittadini e cittadine a scendere in piazza, per manifestare contro l’imperialismo e in solidarietà con la Rivoluzione cubana.

Proprio sull’onda di quella mobilitazione, si formarono i primi circoli che diedero vita, quello stesso anno, alla Associazione Nazionale di Amicizia Italia - Cuba, punto di riferimento, nel nostro Paese, del movimento di solidarietà con Cuba, anch’essa giunta quest’anno ai sessanta anni.

Quella di Playa Girón fu dunque una data spartiacque: per gli Stati Uniti, la prima sconfitta militare in America Latina; per Cuba, l’inizio dell’approfondimento in senso socialista delle conquiste rivoluzionarie; in generale, una tappa importante della solidarietà internazionalista dei lavoratori e delle lavoratrici, del sindacato e delle organizzazioni democratiche anche nel nostro Paese.

Proprio nella ricorrenza così significativa di Playa Girón, si è celebrato, tra il 16 e il 19 aprile scorsi, l’ottavo Congresso del Partito Comunista di Cuba, che ha portato una nuova generazione politica, dopo la generazione “storica” di Fidel, alla direzione del Partito e del processo rivoluzionario a Cuba e ha ribadito l’obiettivo strategico della lotta per una prosperità diffusa, nel quadro dell’ulteriore avanzata verso il socialismo, in direzione di un mondo più giusto, equo, solidale, inclusivo.

Se da un lato, dunque, come il Congresso ha ribadito, Cuba continua ad avanzare nel senso della continuità e dell’innovazione, dall’altro lato la creatività e la consapevolezza del momento storico e politico, sul piano interno e internazionale, restano le bussole del suo orientamento strategico.

Come ha richiamato Raul Castro, nella relazione centrale del Congresso, «è necessario rendere più dinamico il processo di aggiornamento del modello economico e sociale, in modo da promuovere una adeguata combinazione di pianificazione centralizzata con la necessaria autonomia e decentralizzazione ai livelli intermedi e di base del sistema d’impresa e dei governi locali. [...] 
 
«Non si può mai dimenticare che la proprietà di tutto il popolo dei mezzi di produzione di base è la base del potere reale del popolo lavoratore». Di conseguenza, «abbiamo bisogno di creatività, di adattarci efficacemente allo scenario in cui viviamo, di promuovere lo studio della storia del Paese, di trasmettere il messaggio di ottimismo e la fiducia che insieme sapremo affrontare e superare qualsiasi ostacolo. Abbiamo bisogno di una profonda trasformazione volta a rafforzare l’essenza e i valori che emanano dall’opera della Revolución».

La solidarietà internazionale ed internazionalista continua ad essere, per questi motivi, risorsa strategica per l’orientamento al socialismo e per l’amicizia tra i popoli. Sviluppata soprattutto con l’inaugurazione del Período Especial, quando, all’indomani della fine dell’Unione Sovietica e del campo socialista e l’inasprimento delle sanzioni coercitive statunitensi, Cuba si trovò ad affrontare uno dei periodi più duri (in particolare tra il 1992 ed il 1996), la stessa solidarietà “materiale” (campagne di donazione, progetti di cooperazione), è sempre iscritta all’interno della cornice e della logica della solidarietà “politica”, fatta di azioni e iniziative, progetti e campagne in difesa della Rivoluzione, della sovranità popolare, della integrità e della autodeterminazione di Cuba.

Le organizzazioni democratiche, il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sono oggi impegnati, verso Cuba, in particolare in due ampie iniziative di cooperazione:

a. la raccolta di fondi per l’Istituto Cubano dei Vaccini Finlay:

a causa del blocco degli Stati Uniti, cui è sottoposta da quasi 60 anni, Cuba vede fortemente ridotta la possibilità di acquisire la tecnologia necessaria nella lotta contro la pandemia. È stata quindi aperta una raccolta fondi da destinare all’Istituto Cubano dei Vaccini Finlay, a sostegno della ricerca cubana.

I dettagli sono al sito della Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba:

b. la campagna per l’acquisto di medicinali oncologici pediatrici che Cuba non può acquistare a causa del blocco unilaterale e illegale imposto dagli Stati Uniti:

anche questi medicinali fondamentali non possono essere acquistati da Cuba a causa dell’infame blocco statunitense. I dettagli sono in questo link.

Non diversamente, le forze di progresso rilanciano iniziativa e mobilitazioni su tre grandi campagne:

1. La campagna per la restituzione della base navale di Guantanamo occupata illegalmente dagli USA e la denuncia dell’aggressione mediatica orchestrata dagli USA contro la rivoluzione cubana;

2. La campagna per il conferimento del Nobel per la Pace alla brigata medica cubana “Henry Reeve” il cui contributo è stato, com’è noto, cruciale anche nel nostro Paese (Lombardia e Piemonte) per fare fronte alla pandemia. In Italia, la brigata medica cubana ha effettuato migliaia di assistenze mediche e decine di migliaia di assistenze infermieristiche, salvando alcune decine di vite, in uno sforzo straordinario per il quale, come ha scritto la sindaca di Crema, «ci si trova di fronte ad un altro segmento di umanità, capace di guadagnarsi la gratitudine e la riconoscenza di tanti italiani»;

3. La campagna per la fine immediata del bloqueo e contro le sanzioni e le «misure coercitive unilaterali». Gli USA hanno imposto in maniera unilaterale, in violazione del diritto e della giustizia internazionale, oltre 240 misure restrittive ai danni di Cuba, con danni per milioni di dollari.

Dal 1992, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite vota sistematicamente contro il blocco imposto dagli Stati Uniti a Cuba. Nel 2019, 187 Paesi si sono espressi contro il blocco, solo 3 a favore, USA, Israele e Brasile. Come ha dichiarato Hilal Elver, relatore speciale ONU sul diritto all’alimentazione, «la continua imposizione di sanzioni economiche paralizzanti alla Siria, al Venezuela, all’Iran, a Cuba e, in misura minore, allo Zimbabwe, solo per citare i casi più importanti, mina gravemente i diritti fondamentali e in particolare il diritto fondamentale a un’alimentazione sufficiente e adeguata». 
 
Dunque, solidarietà internazionalista nella lotta per la giustizia sociale, la democrazia, la pace.