Una recente riflessione
sulla sinistra in Europa e in Italia, e, al suo interno, sulle forze
di ispirazione marxista, a firma di Jacopo Rosatelli, contribuisce a
tener aperto un interrogativo importante: sul perché la sinistra in
molti Paesi europei riesce a intercettare il bisogno sociale e la
domanda di trasformazione che la crisi economica e finanziaria ha
reso ancora più acuta e drammatica; e, allo stesso modo, sul perché,
in alcuni Paesi dell'Europa orientale, ed in Italia, la sinistra
fallisce invece, clamorosamente, questo obiettivo, ritirandosi in un
minoritarismo ideologico, autoreferenziale ed escludente, e lasciando
terreno alla esplosione di forze nazionalitarie, demagogiche o
populistiche.
Le mille ragioni per le
quali ci troviamo di fronte a questo scoraggiante stato di cose sono
tutte innanzi a noi, e troppo spesso si cede alla tentazione di
metterle in fila o enumerarle in ordine sparso, senza invece tirarle,
quelle fila, delineare, cioè, un quadro meglio definito e più
articolato della situazione reale: lo stato della sinistra italiana,
il capolinea dei fallimenti organizzativi ed elettorali, le
prospettive di una sua radicale ri-configurazione e di un suo
possibile rilancio. Messa così la questione, la priorità non è più
nemmeno quella dell'unificazione dei frammenti della sinistra
diffusa, impreparata ed atomizzata, con cui abbiamo a che fare; la
priorità diventa semmai quella di ridefinire il perimetro al cui
interno la sinistra può spendere una sua proposta ed una sua
iniziativa. Avendo smarrito persino le coordinate, il lavoro della
ricostruzione è ancora, se possibile, più arduo.
L'impresa è
scoraggiante? Certo, non è semplice, ma anche qui occorre forse
rovesciare il piano di lavoro. Messa in altri termini, l'impresa
rischia piuttosto di diventare “entusiasmante”. Ci si può
limitare a tre punti di riflessione. Abituata a viversi come centro
propulsore dell'elaborazione inter-nazionale dell'iniziativa politica
“a sinistra”, la sinistra europea, in particolare la sinistra
italiana, oggi difficilmente è in grado di rilanciarsi - e laddove è
più forte e credibile ha già saputo far propri questi orientamenti
- senza l'ancoraggio alle esperienze rivoluzionarie più avanzate
oltre-oceano, a partire dall'elaborazione plurale del socialismo
del XXI secolo e dalle intriganti ri-letture marxiane e
gramsciane che provengono dai contesti post-coloniali. Nel “bagno”
dell'elaborazione, della ricerca politica e culturale,
dell'iniziativa costante di mobilitazione e di conflitto, la sinistra
italiana, come nei casi migliori delle esperienze europee a partire
proprio da quella di Syriza in Grecia, potrebbe e dovrebbe
“ri-generarsi”, prendendo, finalmente e sinceramente, atto della
propria inconsistenza ed insufficienza, della debolezza della propria
credibilità e dei limiti della propria autorevolezza. Mettere il
meglio di ciò che residua a disposizione di un progetto di
ri-generazione e di ri-nascita.
A proposito di Syriza. È
un fatto che l'esperienza di “Rivoluzione Civile”, che oggi si
nomina perfino con reticenza ed imbarazzo, abbia rappresentato, dopo
le già numerose debacle precedenti, l'ultima spiaggia per le
formazioni politiche che vi hanno partecipato. E' un fatto che
l'iniziativa diretta, con l'appello per una “lista autonoma di
società civile” a sostegno di Alexis Tsipras per le prossime
elezioni europee, dei sei intellettuali più lo stesso Tsipras,
rappresenti un commissariamento di fatto per quelle formazioni
politiche che, altrimenti, ben difficilmente avrebbero potuto o
saputo rendere comunicabile o condivisibile a livello di massa il
profilo del candidato e l'impianto della sua proposta. E' ancora un
fatto, poi, che nessuno, a parte quello di SEL, tra i congressi
recenti delle formazioni politiche a sinistra del PD, sia stato, al
tempo stesso, un congresso vero, democratico ed innovativo, e basta
rivederne, di volta in volta, lo svolgimento, i contenuti o gli
esiti, per rendersene facilmente conto. Tutto ciò consegna il
pallino dell'iniziativa ben più saldamente nelle mani dei comitati
promotori della lista Tsipras, radunati intorno al testo
dell'appello, che in quelle dei partiti.
Resta dunque l'annoso
“che fare”. Forse una sola cosa: non mandare distorta o dispersa
la grande opportunità. Per le elezioni europee e, soprattutto, per
quello che verrà dopo, con la definizione, in questo perimetro, di
uno spazio politico della sinistra di progresso, finalmente in
sintonia con la domanda reale di trasformazione. Lavorando di rete e
di convergenza. Ridefinendo le coordinate dell'agire politico e
sociale. Abbandonando presunzioni inconsistenti e ragionando di
sinistra e di unità. Per una Sinistra Unita e Plurale.