Verificare
la risonanza mediatica prodotta da una iniziativa politica è un
esercizio accattivante: se non altro, può servire a fare luce sulla
qualità della seconda - l'iniziativa politica - quando non sugli
artefici della prima - la risonanza mediatica. Nell'epoca della
comunicazione globale, virtuale, interattiva, social,
qualunque
valutazione politica condivisa tende a finire nella sfera pubblica ed
alimentare, di conseguenza, il circuito mediatico. L'onda di impatto
prodotta dal discorso
televisivo
con il quale Alexis Tsipras ha annunciato le dimissioni del suo
governo e le elezioni anticipate (settembre) ha avuto un effetto di
smottamento forse persino maggiore di quello che si sarebbe potuto
immaginare.
Soprattutto
tra i compagni, a sinistra; o, per meglio dire, in quel campo aperto,
vero e proprio cantiere in movimento, dentro il quale si raccolgono
le molteplici aggregazioni sociali e politiche che riconoscono il
proprio punto di riferimento nei valori della sinistra (eguaglianza e
giustizia sociale, centralità del lavoro, vocazione, nazionale e
internazionale, alla pace, alla convivenza pacifica, alla amicizia
tra i popoli) ed in cui si muovono progetti ed iniziative per
riguadagnare alla sinistra il “terreno perduto”, quello
dell'organizzazione unitaria e della presenza di massa.
Qui,
tra i compagni, scorrendo post e mail, blog e social, le reazioni,
visibilmente disparate (e, in qualche caso, disperate), si raccolgono
sommariamente in due categorie macro: quella dei “traditi” e
quella dei “disillusi”. Da una parte, si rispolvera con banale (e
preoccupante) rapidità una categoria che sembrava essere bandita, se
non dalla storia, per lo meno dal lessico del movimento operaio,
quella del tradimento.
La tesi, cioè, che, dopo il varo del programma di Salonicco, la
vittoria elettorale del 25 gennaio e l'insediamento del primo governo
della sinistra nella storia recente della Grecia, Syriza abbia
tradito: abiurato il programma elettorale, svenduto il profilo
ideologico formando il governo con il sostegno della destra
nazionalitaria, tradito il mandato referendario (lo storico OXI del 5
luglio) con la stipula del terzo, pessimo, Memorandum
con
le istituzioni europee ultimato appena poche settimane fa (lunedi 10
agosto).
Dall'altra,
si precipita con noncuranza (e approssimazione) l'intera azione
politica di Syriza al rango della sinistra moderata, una
socialdemocrazia
tra
le altre, uno Tsipras degno di andare a braccetto con un Renzi, o
poco ci manca. In questa versione, la scissione da Syriza della sua
Piattaforma di Sinistra, che si presenterà alle elezioni di
settembre con una propria formazione politica (Unità Popolare),
della quale però non faranno parte, da quanto si apprende, né
Yannis Varoufakis, né Zoe Kostantopolou, non solo viene salutata con
entusiasmo, ma persino proposta come la strada maestra, per la
purezza ideologica, contro le nefandezze della mediazione e via
computando. Ovviamente, la vicenda politica greca è complessa e
difficile, è naturale, di conseguenza, che le onde del riverbero
siano molteplici e variegate, e possano perfino sommarsi e
rifrangersi.
Sorprende,
con amarezza, tuttavia, non tanto la protervia massimalista di chi
antepone la purezza ideologica alla sfida politica sul terreno di
massa (cioè, detto diversamente, la lettera scarlatta al difficile
binomio di “conflitto” e “consenso”, l'uno insieme con
l'altro), quanto soprattutto l'incapacità, per dirla in termini
letterari, di leggere il “testo” (il fatto politico del
Memorandum e l'esito dei negoziati con i cosiddetti “creditori
internazionali”) prescindendo completamente dal “contesto”
(rappresentato dall'egemonia tedesca sulla unione monetaria e dalla
moneta unica, con la sua regolazione politica, come vero e proprio
dispositivo mercantilista di comando).
Il
contesto è quello che aveva prodotto le condizioni per, nell'ordine:
l'uscita
della Grecia dall'euro alle condizioni imposte da Shaeuble e
dall'establishment tedesco (il tracollo sistemico della Grecia); il
prestito-ponte
ed una nuova negoziazione europea al posto del piano di
ri-finanziamento triennale da 86 miliardi (il collasso economico
della Grecia); un volume di almeno 80 miliardi, quasi la metà
dell'intera ricchezza della Grecia, di asset
da privatizzare
allocati in Lussemburgo (la svendita del Paese senza colpo ferire).
Ora, è chiaro che il Memorandum è pessimo e l'esito del negoziato
ha rappresentato una sconfitta per la sinistra greca; è altresì
evidente, alla lettura del testo sullo sfondo del suo contesto
(quello vero, non quello che avremmo voluto), che non vi erano
alternative praticabili (praticabili) molto migliori, ma molte
sicuramente peggiori.
Nelle
stesse parole di Tsipras, con estrema e sincera sintesi: "Non
abbiamo avuto l’accordo che abbiamo voluto prima delle elezioni di
gennaio. Non abbiamo neppure affrontato, però, la reazione che ci
eravamo aspettati. In questa battaglia abbiamo fatto concessioni. Ma
abbiamo raggiunto un accordo che, date le circostanze prevalentemente
negative in Europa, e dato che abbiamo ereditato dal governo
precedente l’assoluto aggancio del paese alle condizioni dei
memorandum, era il migliore che si poteva ottenere. Ora, siamo
obbligati a rispettare l'accordo sottoscritto, ma,
contemporaneamente, a dare la battaglia per ridurre al minimo le
conseguenze negative".
D'altro
canto, un'azione di governo è un'azione di sistema: può cambiare il
volto di un Paese, può orientarne la rotta in senso conforme agli
interessi, ai desideri e ai bisogni delle masse popolari, può
modificarne la collocazione nello scenario regionale, continentale e
internazionale. Il governo di Syriza, è bene ricordarlo, non è solo
quello di un golpe subito del quale sono state evitate le
precipitazioni più catastrofiche; ma è anche quello di un disegno
riformatore, non rivoluzionario, diverso e avanzato. Ancora con
Tsipras: "Ci avevano chiesto l'abolizione immediata delle
pensioni EKAS, la privatizzazione della rete elettrica e della “DEH
- Enel”. Queste cose non le abbiamo accettate.
"Avevano
chiesto l'applicazione immediata della clausola per il deficit zero
per i fondi integrativi dei pensionati. Nell'accordo vi è un
riferimento esplicito alla ricerca di misure equivalenti e siamo
pronti a questa battaglia. Anche il ritorno dei contratti collettivi
e la fine dei licenziamenti collettivi nel settore privato sono tra i
nostri obiettivi e penso che raggiungeremo anche questi. I
licenziamenti nel settore pubblico sono ormai alle spalle e sono
tornati i custodi nelle scuole, le donne delle pulizie e il personale
amministrativo nelle università. Negli ospedali non c'è più il
ticket dei 5 euro, mentre va avanti la procedura per assumere 4.500
medici ed infermieri, assolutamente necessari, attraverso un concorso
pubblico. Non dimentichiamo che abbiamo concordato avanzi primari
ampiamente inferiori di quelli del governo precedente".
È
questa una lezione per la sinistra? Sicuramente sì, ma non nel senso
di chi predica rivoluzioni in casa d'altri, senza intanto fornire
risposte e strumenti praticabili (praticabili) al proletariato in
casa propria per migliorare le proprie condizioni di vita e di
lavoro; semmai, nel senso di attrezzare un percorso, insieme politico
e sociale, anche in vista delle scadenze dell'autunno, per
riguadagnare alla sinistra italiana il terreno di massa su cui
sperimentare la rinnovata dialettica di "conflitto e consenso".
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