domenica 23 agosto 2015

Conflitto e Consenso: Appunti per la Sinistra

Verificare la risonanza mediatica prodotta da una iniziativa politica è un esercizio accattivante: se non altro, può servire a fare luce sulla qualità della seconda - l'iniziativa politica - quando non sugli artefici della prima - la risonanza mediatica. Nell'epoca della comunicazione globale, virtuale, interattiva, social
qualunque valutazione politica condivisa tende a finire nella sfera pubblica ed alimentare, di conseguenza, il circuito mediatico. L'onda di impatto prodotta dal discorso televisivo con il quale Alexis Tsipras ha annunciato le dimissioni del suo governo e le elezioni anticipate (settembre) ha avuto un effetto di smottamento forse persino maggiore di quello che si sarebbe potuto immaginare.
Soprattutto tra i compagni, a sinistra; o, per meglio dire, in quel campo aperto, vero e proprio cantiere in movimento, dentro il quale si raccolgono le molteplici aggregazioni sociali e politiche che riconoscono il proprio punto di riferimento nei valori della sinistra (eguaglianza e giustizia sociale, centralità del lavoro, vocazione, nazionale e internazionale, alla pace, alla convivenza pacifica, alla amicizia tra i popoli) ed in cui si muovono progetti ed iniziative per riguadagnare alla sinistra il “terreno perduto”, quello dell'organizzazione unitaria e della presenza di massa.
Qui, tra i compagni, scorrendo post e mail, blog e social, le reazioni, visibilmente disparate (e, in qualche caso, disperate), si raccolgono sommariamente in due categorie macro: quella dei “traditi” e quella dei “disillusi”. Da una parte, si rispolvera con banale (e preoccupante) rapidità una categoria che sembrava essere bandita, se non dalla storia, per lo meno dal lessico del movimento operaio, quella del tradimento. La tesi, cioè, che, dopo il varo del programma di Salonicco, la vittoria elettorale del 25 gennaio e l'insediamento del primo governo della sinistra nella storia recente della Grecia, Syriza abbia tradito: abiurato il programma elettorale, svenduto il profilo ideologico formando il governo con il sostegno della destra nazionalitaria, tradito il mandato referendario (lo storico OXI del 5 luglio) con la stipula del terzo, pessimo, Memorandum con le istituzioni europee ultimato appena poche settimane fa (lunedi 10 agosto).
Dall'altra, si precipita con noncuranza (e approssimazione) l'intera azione politica di Syriza al rango della sinistra moderata, una socialdemocrazia tra le altre, uno Tsipras degno di andare a braccetto con un Renzi, o poco ci manca. In questa versione, la scissione da Syriza della sua Piattaforma di Sinistra, che si presenterà alle elezioni di settembre con una propria formazione politica (Unità Popolare), della quale però non faranno parte, da quanto si apprende, né Yannis Varoufakis, né Zoe Kostantopolou, non solo viene salutata con entusiasmo, ma persino proposta come la strada maestra, per la purezza ideologica, contro le nefandezze della mediazione e via computando. Ovviamente, la vicenda politica greca è complessa e difficile, è naturale, di conseguenza, che le onde del riverbero siano molteplici e variegate, e possano perfino sommarsi e rifrangersi.
Sorprende, con amarezza, tuttavia, non tanto la protervia massimalista di chi antepone la purezza ideologica alla sfida politica sul terreno di massa (cioè, detto diversamente, la lettera scarlatta al difficile binomio di “conflitto” e “consenso”, l'uno insieme con l'altro), quanto soprattutto l'incapacità, per dirla in termini letterari, di leggere il “testo” (il fatto politico del Memorandum e l'esito dei negoziati con i cosiddetti “creditori internazionali”) prescindendo completamente dal “contesto” (rappresentato dall'egemonia tedesca sulla unione monetaria e dalla moneta unica, con la sua regolazione politica, come vero e proprio dispositivo mercantilista di comando).
Il contesto è quello che aveva prodotto le condizioni per, nell'ordine: l'uscita della Grecia dall'euro alle condizioni imposte da Shaeuble e dall'establishment tedesco (il tracollo sistemico della Grecia); il prestito-ponte ed una nuova negoziazione europea al posto del piano di ri-finanziamento triennale da 86 miliardi (il collasso economico della Grecia); un volume di almeno 80 miliardi, quasi la metà dell'intera ricchezza della Grecia, di asset da privatizzare allocati in Lussemburgo (la svendita del Paese senza colpo ferire). Ora, è chiaro che il Memorandum è pessimo e l'esito del negoziato ha rappresentato una sconfitta per la sinistra greca; è altresì evidente, alla lettura del testo sullo sfondo del suo contesto (quello vero, non quello che avremmo voluto), che non vi erano alternative praticabili (praticabili) molto migliori, ma molte sicuramente peggiori.
Nelle stesse parole di Tsipras, con estrema e sincera sintesi: "Non abbiamo avuto l’accordo che abbiamo voluto prima delle elezioni di gennaio. Non abbiamo neppure affrontato, però, la reazione che ci eravamo aspettati. In questa battaglia abbiamo fatto concessioni. Ma abbiamo raggiunto un accordo che, date le circostanze prevalentemente negative in Europa, e dato che abbiamo ereditato dal governo precedente l’assoluto aggancio del paese alle condizioni dei memorandum, era il migliore che si poteva ottenere. Ora, siamo obbligati a rispettare l'accordo sottoscritto, ma, contemporaneamente, a dare la battaglia per ridurre al minimo le conseguenze negative".
D'altro canto, un'azione di governo è un'azione di sistema: può cambiare il volto di un Paese, può orientarne la rotta in senso conforme agli interessi, ai desideri e ai bisogni delle masse popolari, può modificarne la collocazione nello scenario regionale, continentale e internazionale. Il governo di Syriza, è bene ricordarlo, non è solo quello di un golpe subito del quale sono state evitate le precipitazioni più catastrofiche; ma è anche quello di un disegno riformatore, non rivoluzionario, diverso e avanzato. Ancora con Tsipras: "Ci avevano chiesto l'abolizione immediata delle pensioni EKAS, la privatizzazione della rete elettrica e della “DEH - Enel”. Queste cose non le abbiamo accettate.
"Avevano chiesto l'applicazione immediata della clausola per il deficit zero per i fondi integrativi dei pensionati. Nell'accordo vi è un riferimento esplicito alla ricerca di misure equivalenti e siamo pronti a questa battaglia. Anche il ritorno dei contratti collettivi e la fine dei licenziamenti collettivi nel settore privato sono tra i nostri obiettivi e penso che raggiungeremo anche questi. I licenziamenti nel settore pubblico sono ormai alle spalle e sono tornati i custodi nelle scuole, le donne delle pulizie e il personale amministrativo nelle università. Negli ospedali non c'è più il ticket dei 5 euro, mentre va avanti la procedura per assumere 4.500 medici ed infermieri, assolutamente necessari, attraverso un concorso pubblico. Non dimentichiamo che abbiamo concordato avanzi primari ampiamente inferiori di quelli del governo precedente".
È questa una lezione per la sinistra? Sicuramente sì, ma non nel senso di chi predica rivoluzioni in casa d'altri, senza intanto fornire risposte e strumenti praticabili (praticabili) al proletariato in casa propria per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro; semmai, nel senso di attrezzare un percorso, insieme politico e sociale, anche in vista delle scadenze dell'autunno, per riguadagnare alla sinistra italiana il terreno di massa su cui sperimentare la rinnovata dialettica di "conflitto e consenso".

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