martedì 14 luglio 2015

Non si chiama capitolazione; si chiama golpe.

Bundesarchiv, Bild 101I-164-0368-14A / Jesse / CC-BY-SA

“Preparati” dall'Euro-gruppo sabato 11 luglio, i lavori dell'Euro-summit, durato 18 ore, a cavallo tra il pomeriggio di domenica 12 luglio e lunedì 13 luglio, nel sostanziale accordo di tutti i governi dell'area euro, hanno imposto alla Grecia la linea neoliberista più ottusa, sostanzialmente eversiva, ispirata dal governo tedesco e dalla Bundesbank. Nel documento dell'Euro-gruppo, vale a dire della riunione dei Ministri delle Finanze dei 19 Paesi della moneta unica (Euro-zona), vengono imposte condizioni radicali alla Grecia, del tutto inaccettabili ed inattuabili, pena una autentica catastrofe politica e sociale, con una violenta recrudescenza dell'austerità, che si sarebbe, ancora una volta, scaricata sui ceti deboli e le classi popolari, e una vera svendita del patrimonio pubblico del Paese.

Vi si prevede, a garanzia della nuova linea di finanziamento e della copertura delle rate debitorie, la collocazione separata di asset pubblici greci, per un valore non inferiore agli 80 miliardi di euro, in un fondo separato, fuori dal territorio nazionale (Lussemburgo); l'imposizione di misure draconiane e di un ferreo controllo internazionale, da parte delle istituzioni finanziarie, su tutte le misure intraprese dal governo greco, anche con effetto retroattivo; e, infine, la possibilità, formalmente regolata, in caso di inadempienza anche parziale nel conseguimento dei risultati previsti, di imporre l'uscita unilaterale ed esclusiva della Grecia dall'area euro per un periodo di cinque anni. Su tale documento, tuttavia, non è stato conseguito l'accordo, dal momento che non si è registrata l'unanimità tra i ministri finanziari dell'area euro, e questo è il motivo per il quale il documento è stato sottoposto, in bozza, ai lavori del successivo Euro-summit.

A quest'altezza, dunque, al netto del fatto che tali imposizioni eversive non abbiano conseguito l'unanimità dell'area euro, è importante sottolineare il mandato politico che esse hanno istruito: la posta in gioco era chiaramente messa nei termini, dettati in primo luogo dalla Germania e dai suoi più stretti alleati, gravitanti nell'area nominale del marco tedesco e in quella che era e resta l'area di mercato tedesca (Slovacchia, Polonia, Repubbliche Baltiche, Olanda e Finlandia, il cui parlamento ha addirittura, con voto finale, negato al governo finlandese la autorizzazione a negoziare un nuovo piano di finanziamento per la Grecia, il che implicherà, nelle prossime settimane, un nuovo ricorso al voto parlamentare, per nulla scontato) della svendita del patrimonio greco, della limitazione della sovranità politico-economica del Paese e della più stretta morsa monetaristica e liberistica sul Paese, pena la sua unilaterale e rovinosa fuoriuscita dall'euro.

Questo è il punto di partenza e il contesto di riferimento all'interno del quale si svolge il negoziato, che, come si è detto, è durato 18 ore, nell'ambito dell'Euro-summit, vale a dire il vertice dei capi di governo di Paesi Euro. Le 18 ore di negoziato e la strenua resistenza da parte delle autorità greche producono un testo che è, evidentemente, molto peggiore del “piano Tsipras”, ma anche molto diverso da quel vero e proprio documento di “capitolazione unilaterale” che le istituzioni avevano prodotto in sede di Euro-gruppo. Nel documento finale del Summit, approvato all'unanimità e con il quale si avviano le procedure parlamentari e si gettano le basi per una nuova linea di finanziamento per la Grecia, vengono sostanzialmente radicalizzate tutte le proposte, contenute nel piano Juncker, in merito alla revisione del sistema pensionistico, alla riforma dell'IVA, alla ridefinizione del sistema del lavoro (contratti e licenziamenti), e alle privatizzazioni, con la collocazione di asset pubblici in un fondo nazionale, che sarà tuttavia sotto il controllo del governo greco e il monitoraggio delle autorità internazionali, basato in Grecia, per una valore totale non di 80 ma di 50 miliardi di euro (25 per la ricapitalizzazione del sistema bancario, 12.5 per il debito e 12.5 per gli investimenti).

Viene inoltre imposto un crono-programma di approvazione parlamentare, con le quattro misure prioritarie da approvare entro il 15 luglio e il successivo stock di misure entro il 22 luglio, quale presupposto all'erogazione di un nuovo, canale di finanziamento, pari a 82 miliardi in tre anni, per alleggerire l'onere debitorio e rilanciare gli investimenti produttivi. Si tratta, in sostanza, di un “terzo memorandum”, che non ha nulla a che vedere con il Programma di Salonicco, si situa in piena continuità con le misure odiose del precedente governo Samaras, ma evita alla Grecia sia la strozzatura economica e finanziaria (che avrebbe determinato il crollo dell'intero sistema bancario e l'abbattimento dell'intero welfare state), sia la capitolazione politica e istituzionale (che, a ben vedere, rappresentava il vero obiettivo, soprattutto della Germania). Ora, se le misure economiche del piano rappresentano una radicalizzazione delle proposte negoziali, il carattere eversivo del pacchetto imposto alla Grecia si mostra in due passaggi del testo: il ritorno del monitoraggio da parte delle istituzioni finanziarie sulle misure in discussione e il ripristino della legislazione concordata, con le autorità europee e il FMI, anche in campo pubblico e sociale. Si è consumato, insomma, in sede europea, un vero e proprio golpe bianco, attraverso l'asfissia economica della Grecia, ispirato dalle autorità tedesche, ma a cui nessun Paese europeo s'è opposto.

Lo scenario che adesso si apre assume pertanto caratteri ultimativi: la radicalizzazione dello scontro imposta alla Grecia è anche una risposta politica al referendum greco e segna un vero e proprio salto di qualità nella strategia eversiva dei poteri forti del neoliberismo finanziario; questo salto di qualità mette profondamente in discussione la possibilità di una relazione paritaria tra Paesi sovrani all'interno della Euro-zona e indica la sostanziale impossibilità di politiche socialmente avanzate o adeguatamente redistributive all'interno della Euro-zona vigente; lo stesso diktat della Germania apre malumori e contraddizioni, riconsegnando questo Paese ad alcune delle pagine più tragiche della sua storia e riaprendo la porta a spettri catastrofici del passato. Per Syriza si apre ora lo scenario plausibile, con il mandato istituzionale all'approvazione delle misure indicate, di salvaguardare, quanto più sia possibile, l'unità del partito e delle masse popolari e consolidare tutte quelle misure che possano alleggerire le pesanti condizioni di vita delle classi popolari e del proletariato greco e, in conseguenza del mutato scenario interno e, soprattutto, internazionale, indire elezioni anticipate, consolidando la propria egemonia ed inibendo le strumentalizzazioni e lo sciacallaggio, interno e internazionale (da Alba Dorata al Front National, dalla Lega Nord ai Cinque Stelle, in Italia), imbastiti sulla vicenda. Nella ridda di dichiarazione, spesso sconclusionate, delle ultime ore, vale la pena riprendere le note di Pierre Laurent, Presidente della Sinistra Europea:

«Un accordo che è un compromesso è stato trovato … dai capi di stato della zona euro. Questo accordo scarta lo scenario della “Grexit” e l'asfissia finanziaria della Grecia, voluti da Schaeuble e Merkel, che fino all'ultimo hanno tentato la messa sotto tutela integrale della Grecia, la negazione della sua sovranità, la sua sottomissione alle potenze finanziarie, la sua vendita pezzo per pezzo. Se è stato firmato un accordo, è grazie al coraggio del primo ministro greco. Per la prima volta, un capo di governo ha avuto il coraggio di affrontare le potenze dominanti che pensano che tutto gli è permesso in Europa. Il sostegno del suo popolo non ha cessato di aumentare da gennaio per questa ragione... Alcune delle concessioni fatte sono state imposte all'ultimo minuto. Non dimentichiamoci che questo è avvenuto sotto la minaccia e dopo due settimane di chiusura delle banche.

Il governo greco ha fatto una scelta responsabile, quella di permettere prima di tutto la stabilità finanziaria sostenibile del Paese e l'investimento per l'occupazione e la riconversione produttiva del Paese. Il debito sarà riscaglionato e i tassi di interessi rinegoziati. Alexis Tsipras ha confermato l'intenzione di addossare gli sforzi maggiori sui greci più ricchi e di proteggere le classi popolari. La BCE deve immediatamente decidere la riapertura dei rubinetti per le banche greche. L'Europa vive momenti storici. Le pressioni e le umiliazioni subite da Alexis Tsipras e dal popolo greco durante tutto il week-end sollevano delle difficili questioni per tutti noi, per il futuro stesso della cooperazione nella zona euro. La lotta per l'uguaglianza, il rispetto della democrazia, la solidarietà, la riconquista del potere sulla finanza deve proseguire. Si tratta di una questione essenziale per un futuro solidale nell'Unione Europea. Tutti gli Europei hanno interesse ad amplificare il loro sostegno a questa battaglia e le loro lotte contro l'austerity nel proprio Paese. Invito tutte le forze democratiche e di sinistra a lavorare insieme ad un progetto comune per fare uscire l'Europa della tempesta liberista».

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