Raccontare della letteratura e dell’industria, provare a sciogliere il nodo del rapporto tra la rappresentazione letteraria e la produzione industriale o, meglio, della rappresentazione letteraria del mondo della fabbrica, e farlo, in definitiva, nella cornice di un’analisi critica, scientifica ma non specialistica, non è un cimento di poco conto. L’impegno intellettuale che ne consegue esige di approfondire la lettura dei testi narrativi e dei saggi critici, di affrontare la prova della ri-costruzione epistemologica del testo letterario e, non meno importante, di sbrogliare la matassa di una letteratura critica, che passa attraverso le monografie, le riviste e gli interventi tematici, di cui non solo non esiste un’organica ri-costruzione critico-bibliografica, ma della quale soprattutto non si rinviene un’eco nell’attualità. [...]
L’excursus delle riviste - e della tematica industriale all’interno delle monografie letterarie - colloca alcune pietre miliari nella riflessione storico-critica dedicata alla letteratura industriale in Italia: il ritardo e l’originalità che accompagnano la comparsa della tematica industriale ed operaia nella materia narrativa che sostanzia il panorama letterario; l’impatto e la carica figurativa che ne contrassegnano la parabola, alternando immagini grottesche da mondo infero e macchina infernale a proiezioni palingenetiche di riscossa e riscatto attraverso il lavoro (il lavoro industriale in quanto lavoro produttivo e paradigma dell’avvento della tecnica all’orizzonte della civiltà del contado); infine, il carattere storico e l’aderenza sociale di tale parabola, che in parte proietta sul piano sovra-strutturale della trasposizione per immagini la voga di un contesto storico-sociale e dall’altra ne segue l’avvento, la maturazione e la degenerazione, in un arco che delinea il cono d’ombra di un’attualità che nasce con gli anni Cinquanta del boom economico e finisce con gli anni Ottanta della transizione neo-liberista, perfino, da alcuni, definita “post-industriale”.
In questo contrassegno spazio-temporale, sono gli stessi capolavori a determinare il carattere del rapporto tra lettere e fabbrica ed a designare i cosiddetti “passaggi di fase”. Per quanto originale, non è azzardata la scansione crono-concettuale in tre generazioni della letteratura industriale in Italia che le pagine seguenti intendono definire: una prima generazione inaugurata dai Tre Operai di Carlo Bernari nel 1934 e giunta a maturazione con le esperienze narrative della ri-costruzione post-bellica, dalle Cronache di Poveri Amanti (1947) di Vasco Pratolini alla “Trilogia di Vigevano” di Lucio Mastronardi; una seconda generazione, animata dalla cosiddetta «corrente olivettiana», in cui giungono a piena maturità espressiva e stilistica i temi e le forme della narrativa industriale, soprattutto grazie a capolavori quali Donnarumma all’assalto (1959) di Ottiero Ottieri, Memoriale (1962) di Paolo Volponi, Il Padrone (1965) di Goffredo Parise; infine una terza generazione, in cui vengono a galla le ansie della transizione e si definiscono i contorni di un “crepuscolarismo industriale” ancora capace di prove altissime, sia in “positivo” (La Chiave a Stella di Primo Levi nel 1979), sia in “negativo” (Cordiali Saluti di Andrea Bajani nel 2005), a seconda che il lavoro venga “vissuto” come istanza di costruzione del mondo o “subito” come ingranaggio asettico, spersonalizzante e precario (spersonalizzante in quanto precario).
La ri-costruzione storico-critica che ne deriva viene a rappresentare un itinerario letterario e più complessivamente intellettuale di altissimo momento nel contesto della produzione culturale del Novecento e ad approfondire un segmento, spesso dimenticato o mis-conosciuto, tuttavia significativo e ricchissimo, nella storia della letteratura italiana, segnalando il filone della letteratura industriale nel suo statuto (semantico ed espressivo) specifico ed autonomo ed indicando alcune ipotesi di ricerca funzionali alla ri-definizione di una temperie storico-genealogica ed alla profilatura di un panorama storico-culturale colto nella sua portata più complessiva. Il tutto, secondo le intenzioni degli Autori e dell’Editore, nella forma di un “itinerario” più che in quella di un “sistema”, concepito nel contesto di una “comunità intellettuale” ed alimentato da un’autentica “coralità pluralistica” di idee e di suggestioni che le pagine che seguono, a loro volta, confidano di concorrere ad arricchire e stimolare.
Fonte: http://www.irescampania.com/index.php?option=com_content&view=article&id=438:lamiere-la-letteratura-tra-fabbrica-e-citta&catid=81:letture&Itemid=58
In questo contrassegno spazio-temporale, sono gli stessi capolavori a determinare il carattere del rapporto tra lettere e fabbrica ed a designare i cosiddetti “passaggi di fase”. Per quanto originale, non è azzardata la scansione crono-concettuale in tre generazioni della letteratura industriale in Italia che le pagine seguenti intendono definire: una prima generazione inaugurata dai Tre Operai di Carlo Bernari nel 1934 e giunta a maturazione con le esperienze narrative della ri-costruzione post-bellica, dalle Cronache di Poveri Amanti (1947) di Vasco Pratolini alla “Trilogia di Vigevano” di Lucio Mastronardi; una seconda generazione, animata dalla cosiddetta «corrente olivettiana», in cui giungono a piena maturità espressiva e stilistica i temi e le forme della narrativa industriale, soprattutto grazie a capolavori quali Donnarumma all’assalto (1959) di Ottiero Ottieri, Memoriale (1962) di Paolo Volponi, Il Padrone (1965) di Goffredo Parise; infine una terza generazione, in cui vengono a galla le ansie della transizione e si definiscono i contorni di un “crepuscolarismo industriale” ancora capace di prove altissime, sia in “positivo” (La Chiave a Stella di Primo Levi nel 1979), sia in “negativo” (Cordiali Saluti di Andrea Bajani nel 2005), a seconda che il lavoro venga “vissuto” come istanza di costruzione del mondo o “subito” come ingranaggio asettico, spersonalizzante e precario (spersonalizzante in quanto precario).
La ri-costruzione storico-critica che ne deriva viene a rappresentare un itinerario letterario e più complessivamente intellettuale di altissimo momento nel contesto della produzione culturale del Novecento e ad approfondire un segmento, spesso dimenticato o mis-conosciuto, tuttavia significativo e ricchissimo, nella storia della letteratura italiana, segnalando il filone della letteratura industriale nel suo statuto (semantico ed espressivo) specifico ed autonomo ed indicando alcune ipotesi di ricerca funzionali alla ri-definizione di una temperie storico-genealogica ed alla profilatura di un panorama storico-culturale colto nella sua portata più complessiva. Il tutto, secondo le intenzioni degli Autori e dell’Editore, nella forma di un “itinerario” più che in quella di un “sistema”, concepito nel contesto di una “comunità intellettuale” ed alimentato da un’autentica “coralità pluralistica” di idee e di suggestioni che le pagine che seguono, a loro volta, confidano di concorrere ad arricchire e stimolare.
Fonte: http://www.irescampania.com/index.php?option=com_content&view=article&id=438:lamiere-la-letteratura-tra-fabbrica-e-citta&catid=81:letture&Itemid=58
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