Credit: Presidenza del Consiglio dei Ministri [CC BY 4.0] commons.wikimedia.org/wiki/Image: Sala_del_Consiglio_dei_Ministri_(Palazzo_Chigi,_Roma).jpg |
Il “giorno del giuramento” e la “lista dei ministri” sono sicuramente i temi del giorno, quelli che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica ed innescano le sottolineature mediatiche. Tuttavia, se è vero che è presto per esprimere un giudizio sulla “trazione politica” del Conte bis, è possibile avanzare alcune osservazioni in prospettiva, sui dati disponibili, su quanto effettivamente e concretamente si conosce. Ovviamente, con una premessa, doverosa per chi si pone alla lettura delle cose politiche non con lo sguardo dell’osservatore o dell’analista, ma con il cimento di chi intende, anzitutto, conoscere per comprendere, e quindi riflettere per agire, contribuendo, nella misura ciascuno delle proprie possibilità, alla «trasformazione dello stato di cose presente».
Si diceva una volta di convergenze programmatiche e di equilibri più avanzati. Non c’è dubbio che, ad una planata sulla superficie della composizione del nuovo governo, rappresentano elementi positivi l’estromissione della Lega dalla “stanza dei bottoni” e l’argine opposto alla pretesa salviniana di “pieni poteri”: si può dire che, temporaneamente, la minaccia di una svolta autoritaria e perfino di una torsione potenzialmente anti-democratica, plebiscitaria, accentuatamente «sovranista», sia stata sventata. Non del tutto sventato, invece, il precipizio del «diciannovismo» che è il vero rischio di fronte al quale è posto, in questa congiuntura politica, il Paese: il rischio, cioè, che dalla crisi e dalla “contundente fragilità” del quadro politico si esca con una ulteriore svolta a destra, pericolosa non solo per gli equilibri democratici, ma per la stessa agibilità delle lotte e del conflitto sociale, per gli spazi di tutela e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, delle masse popolari.
E per contrastare queste tendenze, non basta un governo o una mera “riconfigurazione” del quadro politico e degli equilibri parlamentari: è necessaria una mobilitazione democratica e una iniziativa sociale radicale, avanzata, progressiva, che non solo guardi alla “difesa della democrazia” ma che soprattutto si batta per “ampliare la democrazia”, aumentare gli spazi democratici, ri-orientare in senso progressivo la democrazia costituzionale. È il primo terreno, non l’unico, su cui “incalzare” il Conte bis, cui affiancare la consapevolezza, e questo è il secondo terreno, che non solo non si tratta di un “governo amico” ma che i contenuti fondamentali su cui intende esercitare la sua azione ne delineano un profilo sostanzialmente moderato, su cui esercitare, come pure si è detto da parte delle forze della sinistra di alternativa, opposizione sociale ed opposizione politica.
Se ne trova ampiamente traccia, per restare a ciò che è puntualmente documentabile, nelle cosiddette “Linee di Indirizzo Programmatico per la formazione del nuovo governo”, quelle in 25 punti, a parte il 26° dedicato a Roma, licenziate lo scorso 3 settembre. Anzitutto (in passato si sarebbe detto un vero e proprio “Preambolo”) si legge che (§ 1) «sarà perseguita una politica economica espansiva, senza compromettere l’equilibrio di finanza pubblica» rilanciando la strategia (§ 9) dei «margini di flessibilità» da concordare con la nuova Commissione Europea: nulla di nuovo, si direbbe, alla luce di quello che anche tutti (tutti) i governi precedenti (Renzi, Gentiloni, il “vecchio” Conte) hanno fatto (o provato a fare), salva la considerazione per cui non è con simili “ritocchi” o “aggiustamenti” che si può davvero garantire una autentica politica espansiva e piani di investimento di portata strategica per le infrastrutture necessarie e per lo Stato Sociale.
Inoltre, i progetti più controversi e pericolosi (addirittura vere e proprie bandiere del «sovranismo» in versione salviniana), vale a dire i cosiddetti “Decreti Sicurezza”, la «disciplina in materia di sicurezza», non saranno abrogati, ma semplicemente «aggiornata seguendo le recenti osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica» (§ 15). Rischia, perfino, di aprirsi una nuova stagione di grandi riforme costituzionali, con il potenziale slittamento verso una vera e propria “legislatura costituente”, laddove si propone «la riduzione del numero dei parlamentari avviando, contestualmente, un percorso per incrementare le garanzie costituzionali, di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale» (§ 10). E, come se non bastasse, si continua a mettere mano alla disarticolazione dell’unità materiale della Repubblica, non nel senso formale della sua unità repubblicana, ma nel senso sostanziale dell’universalità e dell’unitarietà dei diritti e delle protezioni sociali, ribadendo che «è necessario completare il processo di autonomia differenziata» e tornando sulla annosa questione della soppressione degli «enti inutili» (§ 17).
Al di là della lista dei ministri e di questa specie di “albo delle figurine”, dei volti e dei nomi, e fatta salva come sempre la rispettabilità e il prestigio di questo e di quello, non è davvero questione di nomi, ma di sostanza, sostanza politica: di fronte alla quale, per le forze progressiste, si staglia il compito della opposizione, e, in prospettiva, in maniera unitaria e credibile, efficace, la proposta dell’alternativa.
Nessun commento:
Posta un commento