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A questo punto, a mente più fredda, si può tirare
un primo bilancio dal primo turno delle elezioni amministrative del 5
giugno, ma anche una qualche valutazione politica "a valle"
dei fiumi d'inchiostro spesi, spesso lucidamente, in bilanci, analisi
e valutazione dei risultati.
Quanto ai bilanci, non li riproporrò certo in
questa occasione; mi limito a riportare alcuni link, che possono
costituire, caso mai fossero sfuggiti, utili strumenti di
riflessione: almeno intorno ai trend elettorali in voti assoluti
(qui);
al dimensionamento, in prospettiva nazionale, del risultato dei
cinque stelle (qui);
all'andamento, a macchia di leopardo, dei risultati conseguiti dalla
"sinistra a sinistra" del PD (qui).
Quanto alle valutazioni, è qui che occorrerebbe un
"di più", anche da sinistra, di coraggio e di realismo,
insieme. E' vagamente auto-assolutorio, infatti, ribadire - o, tanto
peggio, enfatizzare - che queste elezioni amministrative non fossero
il banco di prova di Sinistra Italiana. E' ovvio che non possono
costituire il perimetro entro cui giudicare la validità dell'impresa
politica appena messa in campo.
Tuttavia, è almeno altrettanto ovvio che si è
trattato di un appuntamento importante, di portata nazionale,
lungamente previsto e preparato, su cui misurarsi non solo in termini
di "voti assoluti" ma anche in termini di recupero dal
non-voto, di qualità della proposta programmatica a livello locale,
di efficacia delle candidature avanzate.
I risultati, sotto questi profili, sono a luci ed
ombre, spesso deludenti, soprattutto laddove le forze costituenti di
Sinistra Italiana si sono presentate divise all'appuntamento
elettorale, Milano, per importanza e per rilievo, su tutte. E' stato
detto qui,
e bene: occorre una revisione del percorso intrapreso e la correzione
degli errori compiuti.
Senza cedimenti al populismo e improvvidi
endorsement ai cinque stelle; piuttosto, tornando a mettere al centro
la questione dell'eguaglianza, a partire dalla messa in discussione
degli attuali rapporti di produzione e di potere, il nodo vero in cui
precipitano tanto il discorso sul neoliberismo quanto quello
sull'austerity.
Non servono "ricette per l'osteria
dell'avvenire", ma, appunto, "individuare le
contraddizioni" per "basare la rivoluzione su qualcosa di
necessario". Occorre impegnarsi nella elaborazione, insieme con
i soggetti portatori di bisogni sociali, di un profilo politico e di
una griglia programmatica per cogliere "il necessario" su
cui gettare "le basi". Solo sulla scorta di un tale profilo
(riconoscibile) e di una tale proposta (fondata), si potrà centrare,
in maniera costitutiva e non parolaia, il tema della "autonomia".
Che altrimenti sarà sempre schiacciata tra altre
parole (isolamento, irrilevanza, autoreferenzialità) e, come altre
parole tra parole, consegnata al suo destino e davvero mai, nella
concretezza, vissuta e praticata.
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