La chiesa di San Demetrio, sullo sfondo Mitrovica, Kosovo, foto di Gianmarco Pisa. |
Furia iconoclasta e adulterazione delle denominazioni, damnatio memoriae e manifestazioni violente di “cancel culture” sono, com’è noto, alcuni dei modi attraverso i quali, alle più diverse latitudini e nei più vari contesti, strumentalizzare o manipolare il passato, condizionare o revisionare la memoria, ridenominare le cose e ridefinire le parole stesse con cui esprimere fatti, luoghi ed eventi, per aggredire il passato e governare il presente, o, parallelamente, legittimare l’attualità e i suoi poteri costituiti.
Nei contesti di conflitto, dove i contenuti culturali sono fatti precipitare nella spirale della violenza e la cultura stessa finisce per diventare uno strumento di perpetuazione della divisione e del conflitto, questi fenomeni vengono ad assumere tratti esasperati, perfino, talvolta, grotteschi. Il Kosovo è un luogo simbolo, da questo punto di vista, un vero e proprio epicentro della controversia etnopolitica. Non più tardi di alcuni giorni fa, questa forma di violenza culturale si è scatenata contro il nome stesso della città: tolta la precedente, è stata infatti installata una nuova insegna recante la scritta “Mitrovica” all'ingresso del settore nord della città, ufficialmente denominato Kosovska Mitrovica, abitato, a differenza del resto del Kosovo a larga maggioranza albanese, da un’ampia maggioranza serba. La precedente insegna, che riportava il nome corretto della città, è stata rimossa.
Media e fonti locali riferiscono che la sostituzione è stata effettuata su decisione dell’amministrazione locale di Mitrovica Nord, il cui sindaco, Erden Atiq, del partito nazionalista albanese Vetëvendosje, è stato eletto con 519 voti su un totale di 780, in occasione delle elezioni comunali del 2023, pressoché totalmente boicottate dai Serbi del Kosovo. Alcuni funzionari della sua amministrazione hanno confermato alla stampa l’intenzione di cambiare l’insegna in cirillico con un’insegna in latino e di sostituire in una palestra comunale con nuove sedie verdi e bianche le precedenti rosse, bianche e blu, “colpevoli”, queste ultime, di richiamare “i colori della bandiera serba”.
Sembrerebbe dunque chiaro che anche questa iniziativa faccia parte di una più generale campagna per chiudere tutte le strutture serbe nel Nord del Kosovo e cancellare i fattori visibili dell’autodeterminazione serba nei comuni in cui i serbi sono la maggioranza, come dimostrano, ultime in ordine di tempo, la chiusura dell’ufficio delle poste serbe a Gračanica, l’11 settembre scorso, la chiusura di ben nove uffici delle poste serbe in tutti e quattro i comuni del Nord (Leposavić, Zvečan, Zubin Potok e K. Mitrovica) il precedente 5 agosto, e, nel mese di maggio, il blocco e la chiusura della biblioteca comunale “Vuk Karadžić” a Kosovska Mitrovica, con la confisca e la sottrazione di ben 40 mila libri e alcune apparecchiature multimediali.
Una campagna per cancellare la presenza culturale serba nella regione, una pratica di pulizia etnica, se per questa si intende, appunto, «una politica deliberata volta ad eliminare, tramite intimidazione, violenza e/o terrore, le popolazioni appartenenti a una diversa comunità etnica o religiosa».
Immediate, ovviamente, le reazioni all’iniziativa. Sul tema è intervenuto lo stesso ministro degli esteri serbo, Marko Djurić, osservando che “la rimozione forzata del cartello con il nome della città di Kosovska Mitrovica in lingua serba, nel cuore di questa comunità a maggioranza serba, da parte del regime di Albin Kurti [premier kosovaro], non è un atto amministrativo neutrale, ma una provocazione deliberata che istiga all’odio etnico e religioso. Tale mossa è una chiara espressione di discriminazione nei confronti del popolo serbo di K. Mitrovica/Mitrovicë. Altrettanto inquietante è la sostituzione del cuore rosso con uno verde, che invia un messaggio diretto alla comunità cristiana che vive a K. Mitrovica/Mitrovicë.
Nei contesti di conflitto, dove i contenuti culturali sono fatti precipitare nella spirale della violenza e la cultura stessa finisce per diventare uno strumento di perpetuazione della divisione e del conflitto, questi fenomeni vengono ad assumere tratti esasperati, perfino, talvolta, grotteschi. Il Kosovo è un luogo simbolo, da questo punto di vista, un vero e proprio epicentro della controversia etnopolitica. Non più tardi di alcuni giorni fa, questa forma di violenza culturale si è scatenata contro il nome stesso della città: tolta la precedente, è stata infatti installata una nuova insegna recante la scritta “Mitrovica” all'ingresso del settore nord della città, ufficialmente denominato Kosovska Mitrovica, abitato, a differenza del resto del Kosovo a larga maggioranza albanese, da un’ampia maggioranza serba. La precedente insegna, che riportava il nome corretto della città, è stata rimossa.
Media e fonti locali riferiscono che la sostituzione è stata effettuata su decisione dell’amministrazione locale di Mitrovica Nord, il cui sindaco, Erden Atiq, del partito nazionalista albanese Vetëvendosje, è stato eletto con 519 voti su un totale di 780, in occasione delle elezioni comunali del 2023, pressoché totalmente boicottate dai Serbi del Kosovo. Alcuni funzionari della sua amministrazione hanno confermato alla stampa l’intenzione di cambiare l’insegna in cirillico con un’insegna in latino e di sostituire in una palestra comunale con nuove sedie verdi e bianche le precedenti rosse, bianche e blu, “colpevoli”, queste ultime, di richiamare “i colori della bandiera serba”.
Sembrerebbe dunque chiaro che anche questa iniziativa faccia parte di una più generale campagna per chiudere tutte le strutture serbe nel Nord del Kosovo e cancellare i fattori visibili dell’autodeterminazione serba nei comuni in cui i serbi sono la maggioranza, come dimostrano, ultime in ordine di tempo, la chiusura dell’ufficio delle poste serbe a Gračanica, l’11 settembre scorso, la chiusura di ben nove uffici delle poste serbe in tutti e quattro i comuni del Nord (Leposavić, Zvečan, Zubin Potok e K. Mitrovica) il precedente 5 agosto, e, nel mese di maggio, il blocco e la chiusura della biblioteca comunale “Vuk Karadžić” a Kosovska Mitrovica, con la confisca e la sottrazione di ben 40 mila libri e alcune apparecchiature multimediali.
Una campagna per cancellare la presenza culturale serba nella regione, una pratica di pulizia etnica, se per questa si intende, appunto, «una politica deliberata volta ad eliminare, tramite intimidazione, violenza e/o terrore, le popolazioni appartenenti a una diversa comunità etnica o religiosa».
Immediate, ovviamente, le reazioni all’iniziativa. Sul tema è intervenuto lo stesso ministro degli esteri serbo, Marko Djurić, osservando che “la rimozione forzata del cartello con il nome della città di Kosovska Mitrovica in lingua serba, nel cuore di questa comunità a maggioranza serba, da parte del regime di Albin Kurti [premier kosovaro], non è un atto amministrativo neutrale, ma una provocazione deliberata che istiga all’odio etnico e religioso. Tale mossa è una chiara espressione di discriminazione nei confronti del popolo serbo di K. Mitrovica/Mitrovicë. Altrettanto inquietante è la sostituzione del cuore rosso con uno verde, che invia un messaggio diretto alla comunità cristiana che vive a K. Mitrovica/Mitrovicë.
“Questa non è solo una cancellazione simbolica della lingua e dell'identità, ma anche un aperto atto di intolleranza religiosa. Si tratta di una decisione antidemocratica, contraria alla volontà della comunità locale, ai principi di multiculturalismo, tolleranza e rispetto per la diversità che le istituzioni provvisorie di Pristina affermano a parole di sostenere. [...] Tali pratiche discriminatorie mettono a repentaglio la pace già fragile e marginalizzano ulteriormente il popolo serbo in Kosovo. Anziché promuovere la riconciliazione e la convivenza, tali azioni approfondiscono le divisioni e seminano sfiducia”.
Quanto al nome della città, la sua vicenda ha una storia plurisecolare. La denominazione “Mitrovica” e lo stesso nome albanese della città, “Mitrovicë”, derivano infatti dal nome di S. Demetrio, legato probabilmente alla chiesa bizantina di S. Demetrio dell’VIII secolo, costruita vicino alla Fortezza di Zvečan, appena sopra l'odierna Mitrovica, in onore di S. Demetrio di Salonicco, vissuto a cavallo tra il III e il IV secolo d.C., poi, a partire dal Medioevo, venerato come uno dei santi più importanti della chiesa ortodossa. La festa della città è infatti l’8 novembre, il Mitrovdan, per l’appunto il giorno di S. Demetrio; dall’altra parte della Serbia, nello Srem, Sremska Mitrovica lo celebra nel Mitrovdan e lo riporta nel suo stemma ufficiale sin dal 1388.
Quanto al nome della città, la sua vicenda ha una storia plurisecolare. La denominazione “Mitrovica” e lo stesso nome albanese della città, “Mitrovicë”, derivano infatti dal nome di S. Demetrio, legato probabilmente alla chiesa bizantina di S. Demetrio dell’VIII secolo, costruita vicino alla Fortezza di Zvečan, appena sopra l'odierna Mitrovica, in onore di S. Demetrio di Salonicco, vissuto a cavallo tra il III e il IV secolo d.C., poi, a partire dal Medioevo, venerato come uno dei santi più importanti della chiesa ortodossa. La festa della città è infatti l’8 novembre, il Mitrovdan, per l’appunto il giorno di S. Demetrio; dall’altra parte della Serbia, nello Srem, Sremska Mitrovica lo celebra nel Mitrovdan e lo riporta nel suo stemma ufficiale sin dal 1388.
Secondo una stima, la chiesa ortodossa serba ha dedicato a S. Demetrio oltre 120 templi; a Salonicco, in Grecia, la splendida Chiesa di S. Demetrio fa parte del sito seriale dei monumenti paleocristiani e bizantini patrimonio mondiale dell’umanità. D’altra parte, è proprio questo, secondo l’Unesco, il ruolo che i patrimoni mondiali dovrebbero svolgere: come ricorda il Preambolo della Convenzione dell’Aja del 1954, “gli attacchi ai beni culturali, a qualunque popolo appartengano, costituiscono attacchi al patrimonio culturale di tutta l'umanità, dato che ogni popolo apporta il suo contributo alla cultura mondiale” e il patrimonio culturale, tutelato e difeso, protetto e attivato, può svolgere un ruolo decisivo nell’incontro tra i popoli, nel dialogo tra le culture, nella pace.
Riferimenti:
Djurić on Pristina's shameful move, B92, 02.10.2025: https://www.b92.net/english/politics/168927/djuric-on-pristinas-shameful-move/vest
“Mitrovica” sign unveiled, KoSSev, 02.10.2025: https://kossev.info/mitrovica-sign-unveiled-from-red-to-green-heart-cyrillic-swapped-for-latin-name-absent-from-kosovo-s-legal-framework
“Pulizia etnica”, European Migration Network (EMN): https://www.emnitalyncp.it/definizione/pulizia-etnica
Riferimenti:
Djurić on Pristina's shameful move, B92, 02.10.2025: https://www.b92.net/english/politics/168927/djuric-on-pristinas-shameful-move/vest
“Mitrovica” sign unveiled, KoSSev, 02.10.2025: https://kossev.info/mitrovica-sign-unveiled-from-red-to-green-heart-cyrillic-swapped-for-latin-name-absent-from-kosovo-s-legal-framework
“Pulizia etnica”, European Migration Network (EMN): https://www.emnitalyncp.it/definizione/pulizia-etnica
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