Un
aspetto che riveste rinnovata importanza nello scenario attuale del
Venezuela Bolivariano è senza dubbio l'economia nazionale. Sebbene
il peggioramento delle condizioni economiche sia prevalentemente dovuto
a motivi “artificiali”, come l'aggressione
speculativa contro la moneta nazionale, l'accaparramento ed il
sabotaggio economico da parte dei gruppi privati e degli speculatori
nazionali e internazionali, in una parola, una vera e propria
“offensiva di classe”, in cui la guerra di classe è sviluppata
dai “ricchi” contro i “poveri”, è altrettanto vero che, dopo
mesi di destabilizzazione, proprio la “congiuntura economica”
sembra oggi essere la debolezza maggiore del governo bolivariano,
almeno nella percezione di settori popolari, al punto che nei
sondaggi sembra essere diventata, comprensibilmente, la
preoccupazione maggiore dei venezuelani. Ad avere precipitato, oltre
alle “cause scatenanti” sopra richiamate, il Paese nella
situazione attuale è, poi, l'effetto combinato di due fenomeni
macro-economici ben noti alla letteratura e alla prassi: l'inflazione
e la carenza di beni.
Oggi,
questa situazione rischia di rappresentare la contraddizione saliente
per la continuità stessa del progetto bolivariano: non tanto per le
conquiste della rivoluzione, quanto soprattutto per la continuità
dei progressi sin qui realizzati proprio in campo economico e
sociale. In tal senso, è opportuno richiamare alcuni degli
“insegnamenti” della esperienza chavista: che la rivoluzione non
è una formulazione teorica astratta sulla felicità, né è
un'astrazione utopica o un “sogno delle élite rivoluzionarie”,
né, tanto meno, la promessa aerea di un paradiso presunto. La
rivoluzione (in particolare, la rivoluzione bolivariana tra le altre
rivoluzioni socialiste del passato e del futuro) è un processo
storico e sociale, all'interno del quale giungono a maturazione le
condizioni per abrogare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per
realizzare la proprietà sociale della produzione, anche attraverso
l'espropriazione della proprietà privata delle élite, per
coniugare, infine, libertà, giustizia sociale e diritti umani. La
società civile ha sempre, almeno da quando Karl Marx ha reso tutti
consapevoli di questo fondamentale, l'economia alla base: e Wall
Street rappresenta - anche simbolicamente - la contraddizione tra
l'1% e il 99%.
Quando,
nel Venezuela di oggi, si parla di accaparramento e di speculazione,
e, in particolare, di carenza di beni, si tende, spesso
strumentalmente e maliziosamente, a confondere i “consumi” e il
“consumismo”. Il consumismo è un'aberrazione derivata dal
capitalismo, vale a dire dal modo di produzione capitalistico, che
tende inevitabilmente (per le ragioni stesse dell'accumulazione
capitalistica) alla sovrapproduzione ed alla massimizzazione del
profitto e che si verifica quando i capitalisti, attraverso vari
mezzi, creano nelle masse bisogni falsi (indotti)
verso beni superflui (inutili).
È bene osservare il fenomeno, eminentemente di natura economica,
anche da un altro punto di vista, soprattutto sociale: si tratta,
infatti, di un altro modo per espropriare i lavoratori, attraverso il
quale non solo si sottrae il plusvalore prodotto, ma si sottrae anche
una quota di
valore-lavoro che, incorporato nel salario, finisce per
volatilizzarsi nella ricerca di beni superflui e
nell'appagamento di bisogni indotti. Il circuito pubblicitario e la
guerra di classe attraverso la “comunicazione” (altra forma della
“guerra di quarta generazione”, come pure la si definisce)
partecipano attivamente a questo stato di cose, al punto che oggi il
terreno mediatico è uno dei fronti dello scontro sociale. Il
consumo, in quanto tale, è invece, piuttosto, la manifestazione del
diritto di ottenere ciò che serve per vivere o, in altri termini,
per riprodurre, attraverso il salario, la propria forza-lavoro
(alloggio, vitto, vestiario, salute, istruzione, arte, spettacolo,
cultura, informazione, insomma, tutto quanto concorre alla vita
degna).
Se
le ristrettezze limitano la possibilità delle persone di ottenere
tali beni, il governo rivoluzionario deve intervenire per affrontare
il problema. Non a caso, Nicolas Maduro ha ripetutamente affermato
che l'economia è il tema prioritario di quest'anno politico,
conseguenza delle guarimbas
economiche, cavalcate dai settori della borghesia più violenta,
radicale e squadrista, e da una decelerazione del processo economico
legato al socialismo bolivariano, probabilmente inevitabile e, per
altri aspetti prevedibile, ma su cui si può e si deve intervenire.
Dopo l'offensiva rivoluzionaria contro l'accaparramento e la
speculazione, Nicolas Maduro, a margine dei Dialoghi di Pace con
l'opposizione, ha annunciato una nuova offensiva: "Produrre
tutto ciò che serve... Qualsiasi persona che produce qualcosa deve
sentirsi chiamata in causa in questo sforzo... Chiamo tutti i
cittadini a diventare produttori"; ciò anche allo scopo di
superare la dipendenza dalle entrate petrolifere e risolvere le
inevitabili distorsioni da questa prodotte nei meccanismi di
produzione di beni e servizi. Ancora Nicolas Maduro: "L'offensiva
economica ha il carattere di una grande rettifica... Il passo da
intraprendere sarà quindi più completo, più profondo e più
strutturale rispetto ai mesi scorsi". È necessario
diversificare la produzione e allargare le cosiddette “basi
materiali” della produzione stessa, superando la dipendenza dal
petrolio, anche con una maggiore capacità di sviluppare
investimenti, e migliorare il potenziale tecnologico della produzione
nazionale, con un atteggiamento aperto, anti-dogmatico, creativo,
coraggioso, innovativo, come sempre in tutte le pagine migliori del
“Socialismo del XXI secolo”, non disdegnando di aprire un
confronto costruttivo con i settori più aperti della borghesia
nazionale ed internazionale.
Chiaramente,
tutto ciò richiede accortezza e strategia. Non è una cosa facile,
perché questo programma si scontra con gli attacchi sia da
destra,
conservatori, neo-liberali, che pretendono il dominio dell'economia
di mercato, sia dall'ultrasinistra,
utopistici, dogmatici, che accusano di “consumismo” tutte le
istanze dei “consumatori”. Per affrontare una questione così
complessa, Nicolas Maduro ha annunciato diverse misure, tra cui la
Conferenza Economica nell'ambito della Conferenza di Pace, con un
incontro tra rappresentanti del gabinetto economico e settori
produttivi, sia dell'economia pubblica sia dell'economia privata. Al
contempo, la Conferenza serve a confermare l'orientamento socialista
dell'economia nazionale, per rendere chiaro che lo Stato conserva il
suo potere di controllo e di direzione, come dimostra anche la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge che definisce il
meccanismo pubblico dei prezzi equi: "Sarà una Autorità di
Controllo dei Prezzi, attraverso gli ordini e i contratti, quella
incaricata di stabilire il giusto prezzo di ogni articolo, mantenendo
i prodotti al giusto prezzo e a pari condizioni". Nicolas Maduro
ha inoltre confermato che questa fase della offensiva economica si
sviluppa intorno a undici assi:
l'industria del petrolio, l'industria chimica, le costruzioni, la
manifattura, la meccanica, il tessile, il calzaturiero,
l'agricoltura, il turismo, le comunicazioni e la tecnologia. Una
strategia adeguata da articolare con cura.
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