lunedì 24 gennaio 2022

Una risoluzione contro la negazione della Shoah

 

        Alex Liivet from Chester, United Kingdom - New York 2007, CC0,          commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=63982082

È stata approvata lo scorso 20 gennaio un’importante risoluzione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riguardante la negazione della Shoah (“Holocaust denial” nella versione originale inglese), in corrispondenza della data particolarmente simbolica e drammaticamente evocativa della Conferenza di Wannsee: il 20 gennaio 1942 si tenne infatti a Berlino la riunione segreta che radunò quindici tra i massimi esponenti del regime nazista nella quale fu presa la decisione di coordinare ed estendere il progetto della cosiddetta “soluzione finale”, vale a dire il completo sterminio degli Ebrei d’Europa. L’importanza sul piano storico della conferenza e, di conseguenza, il valore memoriale della circostanza, non consistono nel fatto che essa sancisse il progetto dello sterminio, che era già infatti, all’epoca, in avanzato stato di svolgimento; bensì nel fatto che la conferenza venne a delineare un coordinamento strutturato e coerente del progetto di sterminio, con il quale furono assunte le decisioni che avrebbero poi pienamente contraddistinto il genocidio del popolo ebraico con i suoi caratteri di unicità: non solo un’intera amministrazione statale e un rigido coordinamento, ma anche una scientifica pianificazione ed un vasto dispiegamento tecno-scientifico posti al servizio del piano criminale del regime nazista.

La risoluzione approvata dall’Assemblea Generale viene quindi, ottanta anni dopo, a richiamare l’attenzione della comunità internazionale sul dovere della memoria, sull’assunzione di responsabilità, per impedire il ripetersi di simili tragedie, e sulle iniziative che popoli e Stati sono chiamati ad intraprendere per contrastare ogni forma di razzismo e di discriminazione e per adoprarsi ai fini della protezione e dell’avanzamento di «tutti i diritti umani per tutti». Non a caso, la risoluzione si apre non solo con il richiamo alla Carta delle Nazioni Unite, ma anche alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la quale afferma che «l’ignoranza e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti barbari che hanno oltraggiato la coscienza dell’umanità», e prosegue ricordando che «la memoria della Shoah è una componente fondamentale ai fini della prevenzione di ulteriori atti di genocidio e ignorare i fatti storici di quei terribili eventi aumenta il rischio che si ripetano». Tali aspetti, del consolidamento della memoria e della corretta educazione e informazione sulle questioni della storia e della memoria, hanno direttamente a che fare con il contrasto dell’antisemitismo e della negazione della Shoah, anche nei contesti democratici, laddove «l’esercizio del diritto alla libertà di espressione comporta doveri e responsabilità specifiche e può pertanto essere soggetto a determinate restrizioni, ma queste devono essere solo quelle previste dalla legge e necessarie ai fini del rispetto dei diritti o della reputazione altrui, e ai fini della protezione della sicurezza nazionale o dell’ordine pubblico, della salute pubblica o della morale, e tutte le misure adottate devono essere nel pieno rispetto del diritto internazionale dei diritti umani».

Nell’indicare quindi l’obiettivo di contrastare la negazione della Shoah, la risoluzione ricorda che «la negazione della Shoah si riferisce specificamente a qualsiasi tentativo di affermare che la Shoah non ha avuto luogo e può includere il negare pubblicamente o mettere in dubbio» non solo la Shoah in quanto tale ma anche «l’uso dei principali meccanismi di distruzione (come camere a gas, uccisioni di massa, fame e tortura) o la intenzionalità del genocidio del popolo ebraico», indicando anche alcuni esempi tipici, già variamente noti alla pubblicistica e alla letteratura, di negazionismo o riduzionismo della Shoah, tra i quali tutti i tentativi di “giustificare” o “minimizzare” l’impatto, il numero delle vittime o i principali elementi della Shoah; i tentativi di ridurre o temperare il carattere della Shoah come evento storico negativo; tutti i tentativi di offuscare o minimizzare la responsabilità della istituzione di campi di concentramento e di sterminio ideati e gestiti dalla Germania nazista. In tal senso, la risoluzione elogia gli sforzi degli Stati che «si sono impegnati attivamente a preservare quei siti che sono serviti come campi di sterminio, campi di concentramento, campi di lavoro forzato, luoghi di sterminio e di prigionia nel corso della Shoah» e fa appello a sviluppare programmi e iniziative di educazione e sensibilizzazione allo scopo di prevenire qualsivoglia futuro episodio di genocidio e a intraprendere misure effettive per contrastare l’antisemitismo e la negazione o la distorsione della Shoah anche attraverso i mezzi di comunicazione e di informazione e i nuovi canali virtuali e i social media.

Molto opportunamente la risoluzione rende onore al «coraggio e dedizione dimostrati dai soldati che liberarono i campi di concentramento e di sterminio nazisti, da coloro che combatterono contro i nazisti, anche nei movimenti della Resistenza, così come da tutti coloro che resistettero ai nazisti, e che protessero o cercarono di soccorrere quanti erano in pericolo». Come scrisse Primo Levi, infatti, «la storia della deportazione e dei campi di sterminio... non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa». Significativo anche il fatto che il testo contenga un elogio alla International Holocaust Remembrance Alliance della cui definizione riprende alcuni elementi. In base alla «definizione operativa e non vincolante» dell’IHRA, infatti, «l’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto», specificando altresì che «le critiche verso Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro Paese non possono essere considerate antisemite» mentre ritiene manifestazione di antisemitismo «considerare gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele». Una definizione, peraltro, non priva di elementi di problematicità e, talvolta, di genericità, che non ha mancato di suscitare dibattito e controversie anche in ambito accademico.

Alcuni riferimenti utili:

La risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite A/76/L.30 approvata il 20 gennaio 2022 contro la negazione della Shoah.

Flavia Foradini, Nazismo e Shoah: 80 anni fa si tenne la Conferenza di Wannsee, Il Sole-24 Ore, 20 gennaio 2022. 

Marco Consoli, Deborah Lipstadt: «La verità va sempre difesa, dall’Olocausto ai giorni nostri», L’Espresso, 7 novembre 2016. 

Gianmarco Pisa, Una panoramica sull’antisemitismo, report della FRA, Pressenza, 14 novembre 2021.

Elisabetta Ruffini, Il Memoriale italiano di Auschwitz, Rivista “IBC”, XVIII, 2010, 2.

Il sito della International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA).  

La definizione operativa non vincolante di antisemitismo da parte dell’IHRA. 

Rachel Hall, UCL board rejects IHRA definition of antisemitism, The Guardian, 12 febbraio 2021. 


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